L’Australia censura la censura: nella lista nera gestita dalla commissione australiana che si occupa di vagliare la rete ci sono dei documenti pubblicati su Wikileaks. Documenti che denunciavano la presenza di liste nere di siti sottoposti a censura. Se l’Australia non potrà applicare i filtri a livello tecnico, saranno le multe imposte ai cittadini della rete a isolare le pagine web che sfuggono ai setacci di stato.
In Australia ferve da mesi il progetto di un sistema di filtraggio che dovrebbe nascondere ai cittadini della rete quanto di illegale e quanto di inadatto ci sia online. Contenuti definiti tali a giudizio insindacabile delle autorità, che potrebbero supporre che la globalità dei netizen australiani considerino sgradita la presenza online di contenuti pornografici , così come di certi contenuti informativi . Il piano di sperimentazione procede fra false partenze , proteste da parte dei cittadini, ostruzionismo mostrato dai provider, contrari a setacciare la rete e a comprimere le libertà dei netizen con dei filtri irrevocabili . Ad assumersi la responsabilità di redigere la lista nera dei siti illegali e inadatti è la Australian Communications & Media Authority ( ACMA ): raccoglie le segnalazioni dei cittadini, impone ai provider di rendere irraggiungibili le pagine incriminate.
A quelle annoverate nella lista nera, nei giorni scorsi si sono aggiunte delle pagine di Wikileaks : è stato un attivista australiano a inviare la segnalazione ad ACMA, con l’intento di dimostrare “gli scivolosi scopi” del progetto dei filtri statali. Le pagine segnalate avevano come oggetto il contenuto di una blacklist mantenuta dalle istituzioni danesi, nel quadro di un progetto analogo a quello in fase di sviluppo in Australia.
L’authority ha recepito la segnalazione, ha svolto gli accertamenti del caso, ha inserito le URL segnalate nella lista nera : lo ha comunicato con una notifica all’attivista autore della soffiata. “Si tratta di un contenuto proibito o di un contenuto potenzialmente proibito” ha spiegato ACMA. Per questo motivo i provider sono stati allertati: dovranno isolare dalla rete le pagine in oggetto con i filtri approvati dalla Internet Industry Association.
L’Australia non è un paese in cui si possa dispiegare appieno la libertà di esprimersi e di informarsi, avvertiva nei giorni scorsi Reporters Sans Frontières . Le autorità, denuncia Electronic Frontiers Australia , hanno dimostrato di agire senza delicatezza né spirito critico, un atteggiamento che rischia di aggravare l’inefficienza di filtri che imbrigliano accidentalmente più contenuti del previsto e che vacillano di fronte a imberbi smanettoni.
Ma l’Australia sembra voler impugnare la soluzione finale atta a giungere laddove i filtri non si possono spingere. Le autorità hanno cominciato a diramare delle notifiche per invitare i cittadini alla rimozione dei link che puntano alle pagine proibite : ACMA concede ai cittadini della rete 24 ore per procedere alla rimozione. In caso contrario scatta un contatore che addebita una sanzione di 11mila dollari australiani , oltre 5.500 euro, per ogni giorno di violazione. Le autorità hanno rispolverato certe disposizioni contenute nel Broadcasting Services Act del 2007 che consentono di chiedere ai netizen di rendere irraggiungibili delle pagine web troncando ogni collegamento che si intrattiene tra i loro spazi online e le pagine incriminate. Di fronte a multe tanto consistenti, i netizen si rassegnano all’autocensura.
Gaia Bottà