Il progetto Open Compute (OPC) promosso da Facebook continua a fare proseliti, suscitando l’interesse dei grandi produttori così come delle aziende hi-tech abituate a gestire grandi infrastrutture di dati online. Per tutti c’è la promessa di fare business e contemporaneamente di risparmiare sensibilmente sui costi di gestione.
La conferma della crescente popolarità di OPC arriva in occasione dell’ ultimo Open Compute Project Summit di San Jose, dove tra le altre cose sono stati annunciati i nomi delle aziende di rilievo che sono entrate a far parte dell’iniziativa. C’è Apple, con i suoi data center e servizi cloud, Cisco ma soprattutto c’è Hewlett-Packard con la sua forza produttiva e distributiva in tutto il mondo.
HP ha presentato la nuova linea di server Cloudline , apparati x86 dal design essenziale (ovviamente ispirati ai design open di OCP) destinati a data center e apparati di calcolo remoti o locali compatti, estensibili e conservativi in termini di consumi energetici.
I nuovi prodotti HP realizzati secondo i dettami OCP rappresentano in effetti la conferma più importante della popolarità dell’iniziativa Open Compute, un movimento che vuole applicare i principi di “openness” di Linux al mondo dell’hardware ma che necessita comunque di qualcuno che alla fine quell’hardware, per quanto con design aperto, dovrà alla fine produrlo e metterlo in commercio.
Con l’Open Compute Project ci si fa insomma business, mentre Facebook annuncia di aver risparmiato, in tre anni, ben 2 miliardi di dollari in costi di gestione grazie all’ottimizzazione degli apparati di rete, dei nuovi design di rack e server e tutto quanto. Facebook era a San Jose anche per annunciare novità come il design con SoC x86 (Intel) Yosemite, il software di gestione a basso livello OpenBMC e il sistema operativo per rack FBOSS.
Anche Microsoft era al Summit di Open Compute, con un nuovo design che prevede l’integrazione di batterie agli ioni di litio direttamente all’interno degli chassis dei server. La novità si chiama Local Energy Storage e ridurrebbe del 25 per cento i costi per i CED.
Alfonso Maruccia