Prosegue la class action depositata contro Apple, Google, Adobe Systems, Intel, Intuit, Lucasfilm, e Pixar, accusati di aver costituito un cartello per tenere artificiosamente basso il costo del lavoro ICT: il giudice ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dalla difesa .
Secondo l’accusa le aziende nominate avrebbero costituito “una rete di accordi diretti ad eliminare la competizione tra loro per i lavoratori qualificati”: sulla stessa linea si era già mosso il Dipartimento di Giustizia ( Department of Justice , DoJ) statunitense che aveva per questo avviato un’indagine.
Riconosciuto dal giudice Lucy Koh (lo stesso che si occupa dal caso Apple-Samsung) il fatto che ci sono sufficienti indizi per proseguire il processo, gli avvocati di cinque ex dipendenti di aziende del settore stanno iniziando ad analizzare diversi documenti per trovare nuove prove della supposta combine .
Finora ad attirare, in particolare, l’attenzione dell’accusa è una frase di Steve Jobs pronunciata parlando con il CEO di Palm: “Dobbiamo cercare di fare qualsiasi cosa possibile per fermare il furto reciproco di impiegati e altre forme di reclutamento competitivo tra le aziende”. Lo stesso Jobs, inoltre, avrebbe sottoscritto accordi con Google per evitare il rischio di furto reciproco di impiegati e scritto a Eric Schmidt che gli “sarebbe stato grato se il suo dipartimento alle assunzioni avesse smesso” di tentare i suoi dipendenti.
Oltre a questo, il DOJ avrebbe trovato indizi di diversi accordi bilaterali che collegano le aziende nominate.
L’inizio del procedimento è atteso ora per il prossimo luglio: i ricorrenti potrebbero ottenere una cifra compresa tra i 5mila e i 10mila dollari a testa per ogni anno di lavoro tra il 2006 e il 2009 . Mentre per i dirigenti coinvolti ci sono in ballo somme ancora più elevate.
Claudio Tamburrino