Scatta un nuovo allarme tra gli industriali tedeschi sul fronte delicatissimo dell’approvvigionamento di risorse umane specializzate e, in particolare, developer, amministratori IT, IT project manager. Il mercato del lavoro IT in Germania non riesce a soddisfare le imprese e questo compromette le potenzialità di sviluppo .
A parlarne è ancora una volta un servizio di Agence France-Press che inquadra il problema in una cronica mancanza di manodopera specializzata sui mercati interni europei, affiancata da una burocrazia e da regole che impediscono l’assunzione di masse di tecnici asiatici . Questi sono individuati in particolare in professionisti IT indiani e cinesi, sfornati dalle università locali e spesso immediatamente catapultati nei mercati occidentali o altrimenti assunti in loco dalle divisioni indiane o cinesi delle grandi corporation del software e dei servizi.
La ragione della mancanza di manodopera IT in Germania è la stessa che spesso viene citata anche in Italia, ovvero il numero troppo basso di informatici laureati tra i residenti, insufficiente comunque a coprire le esigenze IT di industrie e pubblica amministrazione.
Non che sia una problema di salari. Se da noi molti professionisti del settore che migrano all’estero si lamentano delle paghe , in Germania come in altri paesi europei il problema non è poi così sentito. Il che è in buona parte ascrivibile alla diversa struttura industriale: la presenza di imprese di dimensioni tendenzialmente maggiori o molto maggiori di quelle italiane, tradizionalmente piccole, fa sì che possano contare su più efficienti economie di scala e su una più spiccata propensione tecnologica, il che gioca a favore degli specialisti IT.
Secondo Bitkom , l’associazione tedesca di settore, sono quasi 43mila i posti vacanti nelle imprese tedesche: se rimarranno tali – spiega in una preoccupata nota – si prevedono perdite per milioni di euro e mancate opportunità di sviluppo dal valore incalcolabile.
L’arrivo di migliaia di tecnici asiatici potrebbe quantomeno tamponare la situazione ma sulla loro strada c’è l’impreparazione delle normative comunitarie. A Bruxelles si sta studiando una “blue card” sulla scorta di quanto già accade con la “green card” statunitense, un modus di immigrazione che permetta cioè il trasferimento in tutta Europa di un gran numero di professionisti IT extra-europei. Ma i tempi, tanto per cambiare, sono lunghi e questo può costar caro.
A remare contro l’ondata immigratoria è però il governo di Berlino. Il cancelliere Angela Merkel ha già messo in chiaro in più di un’occasione che la priorità della propria amministrazione è “qualificare la forza lavoro interna”, vale a dire spingere ad ottenere nuovi titoli e competenze i tedeschi, visto soprattutto l’ancora elevato tasso di disoccupazione. Ma anche qui i tempi sono lunghi: si tratta di riformare l’istruzione, dare alle materie scientifiche un maggiore appeal, mettere in campo nuove opportunità per le donne . Mentre si attende tutto questo, l’economia tedesca, alla stregua di quella di altri grandi paesi europei, come la Francia, non può che soffrirne.