Torno su questo tema dopo il mio articolo sul possibile contratto di lavoro IT .
Tra i tanti commenti agli articoli precedenti, che leggo sempre con estremo interesse, sono rimasto colpito da quello di un anonimo imprenditore che pone con sarcasmo domande legittime:
Perché dovrei assumere chi vale e mi costa di più quando posso evitarlo, ovvero posso pagarlo meno di quanto vale?
Perché dovrei evitare di sfruttare al massimo chi lavora per me? Sono loro che mi rendono ricco, lo sono stato, e lo sarò sempre perché esisterà sempre chi posso sfruttare.
L’imprenditore va dritto al sodo, stiamo parlando di soldi. Soldi che guadagna tra la differenza di quanto incassa e di quando spende, e siccome si può permettere di spendere sempre di meno per dare al cliente quello che vuole, secondo il suo pensiero Lui ci guadagnerà sempre.
Ho posto l’accento su quel posso , perché secondo me è la chiave di tutto per capire il comportamento dell’imprenditore.
A mio avviso, i motivi del suo comportamento sono fondamentalmente due: la mancanza di regole e controlli da parte delle istituzioni e la poca o nulla assistenza di cui gode il lavoratore, che spesso ha l’impressione di essere solo a combattere la sua battaglia.
Sopperire a queste mancanze con l’istituzione dell’Albo degli Informatici a mio avviso è solo un palliativo e sposta il problema di poco. L’Albo, come già detto, va istituito con una legge che deve riconoscere la professione d’Informatico come professione intellettuale a cui si accede secondo alcuni requisiti, fissati dalla legge medesima.
L’Ordine, preposto alla manutenzione dell’Albo, fissa di norma delle tariffe di riferimento valide per i suoi associati. Dopo la legge Bersani, le tariffe dei professionisti si sono di molto abbassate, e quindi l’Ordine di turno sta cercando di correre ai ripari compattando il reparto. Infatti ormai ogni professionista può fare la tariffa che più crede; quindi avere un Albo degli Informatici alla fine servirebbe solo ad avere un maggior numero di Dottori, ma influirebbe poco sul comportamento del nostro imprenditore che si vedrebbe solo “costretto” a contrattare degli iscritti all’Albo, pagandoli sempre e comunque il prezzo che Lui ritiene più conveniente.
In pratica, ci si potrebbe trovare con il paradosso che per lavorare occorre spendere per specializzarsi e per iscriversi all’Albo e comunque avere la stessa retribuzione.
La stessa cosa potrebbe succede con un “contratto per l’IT” che si applicherebbe a coloro che lavorano nel comparto IT di un’azienda, e che per essere assunti come tali devono avere dei precisi requisiti di legge, un po’ quello che succede per gli infermieri, ad esempio.
Se poi alle qualifiche del futuro contratto si associano le stesse retribuzioni (o livelli) dell’attuale contratto (commercio/metalmeccanico), anche qui si incorre nello stesso paradosso di dover investire di più (in formazione privata) per ottenere alla fine lo stesso risultato.
Ovviamente, anche se tutto questo si attuasse, rimarrebbe sempre immutato il discorso dei “finti” lavoratori a progetto e delle altre tipologie di “finto” lavoro autonomo: mi riferisco alle partite iva con un solo cliente, od alla reiterazione di contratti a tempo determinato, magari con qualifiche diverse.
Insomma, come ormai succede da quasi 200 anni in Italia se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi , o meglio e dopo sarà diverso, ma peggiore . Eppure le discontinuità succedono, e succedono quando meno te lo aspetti, e spesso ce le abbiamo davanti agli occhi e neanche ce ne accorgiamo.
In tutte le aziende, per legge è obbligatorio affiggere in luogo ben visibile un pannello di regole. Sono scritte in “legalese”, ma una di esse sempre mi affascina e mi sorprende:
Articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori . (Legge 20 maggio 1970).
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano (1). Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa (1).
Vi esorto a rileggerle, sembrano parole sensate. Insomma, se ho commesso un infrazione avrò pur il diritto di essere portato a conoscenza di che cosa mi si accusa e se poi mi si accusa di qualcosa lo si dovrebbe fare per la violazione di qualche accordo scritto, ed inoltre mi deve essere permesso di difendermi. A me sembra una cosa sensata e degna di un paese civile.
Eppure il legislatore ha sentito il bisogno di mettere per iscritto queste cose e farle diventare legge dello Stato! Potete immaginare un mondo del lavoro in cui si è sanzionati, senza possibilità di difendersi, senza la possibilità di conoscere i motivi, né le norme che avete violato? Eppure questa era la regola 40 anni fa.
Questa era la nostra Italia, prima che iniziasse quell’ autunno caldo di cui ormai ci si è dimenticati. 4 mesi di occupazione delle più grandi fabbriche italiane e di movimenti studenteschi costrinsero la Confindustria a capitolare e sotto questa enorme pressione politica il Governo mise nero su bianco le regole attuali.
Fu solo grazie a quell’enorme partecipazione di massa che l’opinione pubblica si mosse e fu possibile attuare quelle regole, quindi rispondendo a chi dice: cosa di può fare per migliorare, la soluzione è già data e la storia, anche recente, (vedi Francia) ci indica la strada.
Alla fin fine, quindi, per rispondere alla domanda “Contratto od Albo?”, la domanda si dovrebbe meglio porre in ” Far rispettare le regole e il valore del Lavoro oppure fare, come sempre, ognuno per sé…con quel che ne segue ?”
Rispetto, significa forza con cui imporlo, una forza trovata, inaspettatamente direi, dagli italiani una sola volta nella loro storia, con uno sforzo da parte di “pochi” ed un vantaggio da parte di molti.
Credo che questo modo di farsi rispettare sia qualcosa di estraneo alla categoria “IT”, ma posso errare. In realtà ci sono circa 1.000.000 di persone che lavorano sotto la parola IT, basterebbe ci si unisse in solo 400.000 e forse avrebbe senso parlare di regole, ma se si pensa che sotto questi post non arriva che qualche centinaio di commenti, capite bene anche Voi qual è la (misera) forza (unione/volontà) di cui disponiamo.
I precedenti interventi di G.C. sono disponibili a questo indirizzo