Lavoro IT, il cartello deve pagare di più

Lavoro IT, il cartello deve pagare di più

La cifra negoziata per rimborsare i lavoratori per i danni inferti dalle politiche di non assunzione è irragionevolmente bassa, ha stabilito il giudice. Che rivela nuovi documenti che testimoniano la centralità di Jobs nell'ordire gli accordi
La cifra negoziata per rimborsare i lavoratori per i danni inferti dalle politiche di non assunzione è irragionevolmente bassa, ha stabilito il giudice. Che rivela nuovi documenti che testimoniano la centralità di Jobs nell'ordire gli accordi

La cifra proposta da Apple, Google, Adobe e Intel e accettata dagli oltre 64mila lavoratori che hanno partecipato alla class action contro il cartello della Silicon Valley non basta a ripagare i danni creati dai patti di non assunzione dei rispettivi dipendenti stipulati dai colossi della tecnologia. È così che il giudice Lucy Koh ha invitato le parti ad un nuovo confronto che possa fare davvero giustizia.

Il caso era stato aperto nel 2011 e, fra le numerose rivelazioni sulle pratiche adottate dai vertici delle aziende per controllare gli stipendi e non esacerbare la concorrenza, sembrava essere giunto ad un momento di svolta alla fine dello scorso mese di aprile: le aziende e i dipendenti si erano accordati per un risarcimento pari a 324,5 milioni di dollari, corrispondenti a circa 3.750 dollari di rimborso per ogni partecipante, al netto delle cospicue spese legali , pari a 81 milioni di dollari. Il giudice Lucy Koh, incaricata di scegliere di celebrare il processo o approvare l’accordo stragiudiziale negoziato fra le parti, ha imposto una ridiscussione della somma, o il proseguimento del contenzioso. “Non è una cifra che ricade entro la soglia della ragionevolezza”, ha sentenziato .

Nel corso della class action i lavoratori meditavano di chiedere un risarcimento pari a 3 miliardi di dollari, denari che sarebbero potuti triplicare qualora la giustizia avesse riconosciuto la colpevolezza delle aziende e avesse applicato le previsioni della normativa antitrust statunitense. Il giudice Koh, d’accordo con alcuni sparuti lavoratori che non si sono rassegnati ad un accordo insoddisfacente, ha assunto una posizione tanto inusuale quanto ferma : la cifra va rinegoziata o fissata con un processo poiché con un rimborso da 324,5 milioni di dollari nelle tasche dei lavoratori della Silicon Valley finirebbero meno soldi rispetto a quelli previsti dall’accordo stragiudiziale da 11 milioni di dollari che ha ripagato i lavoratori di Pixar, Lucasfilm e Intuit, danneggiati per analoghe pratiche di non assunzione che hanno violato le leggi antitrust. Per questo motivo le aziende dovrebbero aumentare cifra del rimborso ad almeno 380 milioni di dollari , così da risultare perlomeno in linea con i precedenti risarcimenti.

Il nuovo episodio dell’annoso confronto tra i dipendenti e il cartello della Silicon Valley ha inoltre fatto emergere nuovi coloriti dettali riguardo alle dinamiche di potere fra le aziende coinvolte: Steve Jobs, CEO di Apple all’epoca dei fatti, oltre che lo snodo delle politiche di non assunzione, sarebbe stato la figura da non contrariare.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
11 ago 2014
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