È abbastanza facile definire chi è il Project Manager. Dicesi Project Manager, da qui in avanti solo Manager, colui che è pagato ed è riconosciuto nell’organigramma aziendale come il responsabile unico di un’attività. In pratica colui al quale l’azienda ha conferito ufficialmente pieni poteri ed ampia delega per il raggiungimento di uno scopo.
Come raggiunga lo scopo, questo piccolo dettaglio se vogliamo chiamarlo cosi, è quasi sempre inutile conoscerlo, basta che siano rispettati i parametri di costo e di tempo fissati. A me piace pensare che un qualsiasi Manager segua questo schema per il raggiungimento di un obiettivo. Ma non è detto che lo faccia. Come ho detto, l’importante non è come si raggiunga lo scopo, ma che lo si raggiunga.
Esistono corsi specializzati tenuti dal PMI che insegnano come e cosa dovrebbe fare un bravo Manager, e consiglio a tutti quelli che aspirino a diventare dei Manager di frequentarli, ma la mia esperienza dice che essere Manager è anche una questione di carattere.
Fondamentalmente un bravo Manager dovrebbe saper raggiungere l’obiettivo assegnato, sapersi ben relazionare con le altre funzioni aziendali e con l’esterno e saper gestire un gruppo di lavoro. La cosa è tutt’altro che facile ed occorre avere un certo “pelo sullo stomaco”, se mi consentite l’espressione, per raggiungere ambiziosi traguardi. Occorre essere talvolta bruschi, decisi, e anche – se necessario – punire o sacrificare qualcuno del team per andare lì dove si vuole andare.
Scusate se cito di nuovo Star Trek, ma un ottimo esempio di cosa intendo è nell’episodio dove Deanna Troi decide di sostenere gli esami per passare a capitano, ma fallisce di continuo il test finale fino a quando non sacrifica un membro dell’equipaggio per salvare la nave. Un Manager per me è questo, è la persona votata al raggiungimento della missione costi quello che costi. È forse per questo che è il primo ad entrare e l’ultimo ad uscire, è il dovere che lo inchioda alla sedia.
Da sempre si è cercato di capire quale fosse il miglior modo di fare questo, ovvero di gestire un team di persone per ottenere un risultato, e ancora non si è ottenuta un’unanime definizione. Si è visto che in realtà si ottengono risultati sia con uno stile di leadership “abbandona e stanga” (se non ti dico nulla stai facendo il tuo dovere, altrimenti ti rimprovero), largamente usato in passato ma molto in voga anche adesso, sia con stili diversi da One minute Manager ( coaching, partecipativo, delegativo, permissivo ).
Un Manager che riuscisse ad applicare tutti gli stili insieme, a motivare il gruppo e, ovviamente, a raggiungere gli obiettivi, è una grande risorsa per un’azienda e una fortuna per chi ha la possibilità di collaborare con lui. Quando questo non accade, alla lunga il Manager si rivela invece una sorgente d’insoddisfazione e la fonte di un forte turn-over. Nel famoso libro Il metodo antistronzi è ben scritto come questi personaggi sono causa di una perdita economica tra il 5 ed il 7 per cento, nonché di un fuggi fuggi generale verso ambienti più salutari.
Il Manager, in una parola, è da solo il 50% di un team, ma dovrebbe sempre ricordare, e al PMI lo insegnano, che il suo lavoro dipende dalle persone con cui collabora e di cui ha bisogno per il raggiungimento della missione.
Per chi volesse approfondire questo aspetto della leadership raccomando il libro di Goleman, Essere Leader . Per chi invece volesse cimentarsi nella gestione di un progetto, beh… lo schema lo avete… fatemi sapere come è andata e buon lavoro.
Giuseppe Cubasia
Cubasia blog
I precedenti interventi di G.C. sono disponibili a questo indirizzo