Roma – Fare shopping nel settore tecnologico è diventato sempre più complicato. Una considerazione accettabile per il comparto informatico e quello audio-video per puristi, ma certamente indigeribile nell’elettronica di consumo generica. I televisori a tubo catodico, il centro sinergico di ogni salotto degno di questo nome, stanno per andare in pensione, almeno a detta dei produttori e della grande distribuzione – che ormai li relega in spazi sempre più angusti degli store. Il marketing reclama l’era degli schermi piatti, e se lo dice il “motore dell’economia contemporanea” forse bisogna crederci. Già, perché forse non possedere uno di quegli aggeggi sottilissimi e dal design a dir poco sfrontato comincia a diventare un elemento di discriminazione sociale. Uno status symbol, finalmente non per pochi. Ed è qui che sorgono i primi problemi, perché il voler trasformare un oggetto di questo genere in un prodotto per tutti, senza una corretta campagna di informazione potrebbe essere considerata una leggerezza imperdonabile. O meglio, bisognerebbe prima di tutto comunicare ai consumatori che le qualità tanto decantate degli LCD e Plasma possono essere valorizzate solo ed esclusivamente in condizioni ambientali specifiche.
Numerosi LCD o Plasma tanto pubblicizzati sui cartacei dei supermercati – e svenduti a prezzi decisamente concorrenziali – sono in molti casi modelli di “prima generazione”, ovvero dotati di caratteristiche tecniche piuttosto inferiori rispetto agli attuali standard di mercato. Risoluzione massima , rapporto di contrasto, livello di luminosità , disponibilità di connessioni sono tutti elementi chiave per valutare un prodotto di questo genere.
Molto spesso infatti dopo l’acquisto e l’istallazione a casa, magari, si scopre che le prestazioni video risultano inferiori rispetto a un normale televisore a tubo catodico. Perché? Perché gli schermi piatti sono sistemi complessi, con qualità tecniche diverse e sistemi di connessione particolari – normalmente non presenti nei consueti CRT (schermi a tubo catodico ).
La qualità del segnale
La prima annotazione di massima è che anche spendendo più di 10 mila euro, magari per l’ultimo e più blasonato plasma da 50 pollici, con un collegamento alla normale antenna di casa il risultato finale sarà piuttosto mediocre. La cromia magari risulterà più brillante, ma la qualità complessiva piuttosto simile ad un CRT – se non inferiore. A prescindere dalle tecnologie in gioco, il segnale è l’elemento chiave, quello che permette di raggiungere alti livelli di dettaglio e fluidità video. Per questo motivo gli appassionati di home video spendono centinaia di euro per cavetterie di qualità. Di solito consigliano per un intero sistema, composto da lettore, televisore e amplificatore HT, circa un 10% di spesa per cavi ed affini.
I pannelli LCD e Plasma sono così sofisticati da poter rivelare la qualità del segnale. Basta entrare in un megastore per rendersene conto. Di solito gli schermi piatti sono collegati “a cascata” ad un’unica sorgente – normalmente satellitare o analogica -, rivelando una qualità bassissima. Questo non è dovuto agli schermi, ma semplicemente alla condivisione di un unico segnale audio/video. I modelli che mostrano il meglio di sé, infatti, di solito, dispongono di un singolo player DVD collegato, oppure fanno parte di una rete controllata da una centralina digitale che splitta il segnale per più pannelli riducendo – per quanto possibile – la dispersione.
E non è un caso, perché il segnale digitale, proveniente da un lettore, un decoder satellitare o un decoder per digitale terrestre, è quello che permette la migliore qualità assoluta. In questi casi si può iniziare a discutere di una vera fruizione in digitale con conseguente percezione dell’aumento qualitativo della visione. Purtroppo però, e qui forse bisogna muoversi in punta di piedi, è necessario ammettere che per quanto riguarda l’ambito satellitare italiano e quello “digitale” terrestre gli appassionati – sui forum specializzati – non hanno mai smesso di lamentarsi per la mediocre qualità delle trasmissioni. La banda utilizzata sembra essere risicata, nel primo caso per scelte aziendali, nel secondo per evidenti limiti dati dai sistemi di ricezione – le antenne insomma.
Quindi almeno con queste due tecnologie si potranno notare miglioramenti sostanziali, ma non il massimo possibile come può avvenire al momento solo ed esclusivamente con i lettori DVD. Questa, però, è una regola di massima, perché basta un dispositivo scadente con un collegamento in analogico per vedere ridursi l’incredibile vantaggio degli schermi piatti su quelli a tubo catodico. A voler spigolare si potrebbe affermare anche che esiste differenza fra i supporti DVD da noleggio e quelli da acquistare, ma a questo punto si entrerebbe in un ginepraio di dettagli tecnici particolarmente ostici.
Ricapitolando, prima di decidere di acquistare un LCD o Plasma bisognerà aver ben chiaro quale sarà il suo “ambiente” di utilizzo. Poi vale sempre, e comunque, la regola che ognuno è libero di fare ciò che vuole, spendere le cifre che preferisce e ululare nelle notti di Luna piena se lo desidera.
Se si ha a disposizione, quindi, un lettore DVD sarà bene utilizzare il migliore sistema di collegamento disponibile, e quindi scegliere fra: Component Video, Scart RGB, S-Video, Video-Composito. I primi due sono considerati i migliori fra gli addetti ai lavori. Se poi il proprio lettore e schermo dovessero supportare il Progressive Scan l’eccellenza sarebbe veramente a portata di vista.
Adesso dopo questa breve introduzione si può affrontare il cuore dell’argomento, ovvero quali siano le caratteristiche e in cosa differiscono gli schermi piatti LCD e Plasma. La prima considerazione sommaria è che sebbene l’aspetto sia simile, le tecnologie integrate sono alquanto diverse.
Plasma, la qualità video su tutto
Ogni display è composto da migliaia di pixel, a loro volta scomposti in 3 mini-pixel per permettono la singola visione del rosso, verde e blu (RGB). La combinazione di queste cromie dà vita all’intera gamma di colori e quindi alle immagini. La prova sul campo, infatti, potrebbe essere quella di avvicinarsi a pochi centimetri dai display per saggiarne la composizione. Questo è un elemento chiave per l’acquisto: uno schermo di grandi dimensioni avrà bisogno di una distanza adeguata dello spettatore per esprimere tutte le sue qualità. Di solito si moltiplica per tre la diagonale del display per definirne la distanza di visione minima. Un televisore Plasma da 42 pollici (circa 106 cm), ad esempio, dovrebbe essere visto ad almeno tre metri.
I Plasma sfruttano le qualità elettrochimiche di un gas rarefatto che una volta “elettrificato” emette radiazioni UV, che tramite scintillatori si trasformano in una luce intensa. Ogni pixel contiene del gas Xeon e una serie di elettrodi, nonché 3 scintillatori, ognuno per ogni colore sopra menzionato: il passaggio di corrente alternata permette l’emissione della luce colorata, che passerà poi attraverso lo schermo visualizzando le immagini.
Tutto questo regala un’incredibile qualità complessiva, considerata dagli esperti superiore sia ai CRT che LCD. La luce, infatti, essendo generata dagli stessi pixel, permette un maggiore controllo su ogni sfumatura e di ottenere neri dalla grande profondità. Allo stesso tempo la luminosità è quanto mai altissima. Insomma, per la qualità video finale i Plasma sono considerati imbattibili.
LCD, un prodotto per tutti
Gli LCD, sebbene utilizzino sempre dei pixel divisi in mini-pixel, sfruttano la retro-illuminazione. Un diffusore, posto nella zona posteriore dello chassis, emette un fascio luminoso che viene “filtrato” dai mini-pixel correlati ai colori RGB. Il controllo elettronico di questi permette il rilascio di più o meno luce e la conseguente colorazione, che avrà come effetto la creazione delle immagini sullo schermo. Il vantaggio rispetto ai CRT è che non solo permettono ingombri risicati, ma possono offrire un ottimo dettaglio di immagine, senza fastidiosi sfarfallii. Infatti la questione della distanza dallo schermo è marginale, non solo la qualità rimane praticamente inalterata ma non si patisce alcun affaticamento agli occhi. Ultima considerazione: il prezzo è decisamente più concorrenziale rispetto ai Plasma.
Lo zampino dei produttori
Ovviamente il tutto si è complicato quando i produttori hanno deciso di segmentare il mercato in maniera netta. Ovvero, i Plasma per i consumatori business e professionali; gli LCD per tutte le esigenze consumer. Se adesso questa strategia non è ancora chiara ed evidente, è solo perché negli store sono in bella mostra plasma di vecchia generazione svenduti allo stesso prezzo degli LCD. Domani la differenza di prezzo sarà molto più evidente.
Le motivazioni che trovano il fondamento di questa scelta solo legati ai costi produttivi. La tecnologia Plasma è tendenzialmente più cara e quindi permette prezzi di listino e introiti accettabili sono con modelli di grandi dimensioni. Gli LCD, invece, costano, anno dopo anno, sempre di meno, grazie soprattutto allo sviluppo di nuovi processi produttivi in grado di abbassarne i costi ed alla nascita di partnership aziendali. Vi sono infatti molti lab impegnati nello sviluppo, tra tutti quelli di Panasonic/Hitachi, Sharp/Fujitsu e Sony/Samsung.
Dopo aver individuato i pregi di entrambe le tecnologie bisognerebbe considerare i difetti, che nella valutazione finale per un eventuale acquisto diventano fondamentali.
I Plasma, come specificato prima, sono mediamente di grandi dimensioni: dai 32 pollici (per alcuni modelli datati) in su. Hanno prezzi di listino superiori e consumano molto di più rispetto ad un LCD , un aspetto che normalmente non viene evidenziato. Un 42 pollici al Plasma può arrivare a toccare quota 450 Watt, contro i 120 Watt di un LCD da 32 pollici e i 100 Watt di un CRT da 32 pollici. Le conseguenze, quindi, non solo si possono vedere sulla bolletta, ma anche sulle temperature sviluppate. Sempre tollerabili, ma comunque piuttosto elevate.
Per quanto riguarda, invece, la durata di entrambe le tecnologie, almeno negli ultimi modelli, si equivalgono con circa 50.000 ore di esercizio . L’unico problema è che a fine carriera un Plasma è da buttare via, e già dopo circa tre anni la progressiva perdita di colore è quasi assicurata: gli scintillatori si consumano. Inoltre, la persistenza continua – 24 ore al giorno – di un’immagine sul display, come ad esempio il marchio di un canale televisivo, tende a “far invecchiare” precocemente i pixel coinvolti creando così una specie di alone. Ovviamente è difficile che questo possa accadere in ambiente consumer, a meno che la Tv non venga lasciata per ore ed ore liberamente accesa, come sottofondo alle corvée domestiche.
Gli LCD forse patiscono meno il tempo perché quando la lampada interna decade in prestazioni, è possibile effettuarne la sostituzione. Ovviamente i pixel possono essere soggetti a bruciature, come avviene ad esempio per i modelli per PC, ma si tratta di un’eventualità che almeno all’acquisto può essere scongiurata con un attento controllo. Infatti l’ideale sarebbe quello di farli testare precedentemente dal venditore e farsi aiutare nell’istallazione. Ogni produttore ha posto delle tolleranze sul numero di pixel bruciati. È possibile, infatti, che su alcuni modelli la presenza di un paio di pixel difettosi venga considerata nella norma , rendendo difficile la sostituzione in garanzia dello schermo.
Altra considerazione sugli LCD riguarda l’angolo di visione . I primi modelli permettevano una visione al massimo della qualità solo in posizione frontale. Insomma, con tre persone sedute su un divano, solo una era in grado di vedere cromie soddisfacenti. Adesso i nuovi modelli patiscono meno questo tipo di difetto, ma non ne sono totalmente esenti. Nelle sheet tecniche comunque questi dati sono ben evidenziati, quindi è piuttosto difficile avere sorprese.
L’ultimo “difetto” degli LCD riguarda la profondità del nero , che ovviamente è nettamente inferiore rispetto ai modelli al Plasma. Il motivo è da ricercare proprio nel tipo di tecnologia che contraddistingue gli LCD. Il nero è il frutto del lavoro dei filtri dei sotto-pixel, che comunque lasciano passare un po’ di luce. Nei Plasma, invece, il colore nero viene prodotto dallo spegnimento dei pixel.
Notizie dal campo
Una breve indagine presso alcuni grandi mega-store permette anche di comprendere quale sia la situazione del settore. Gli addetti specializzati tendenzialmente sono restii a fare confidenze sul loro comportamento e quello delle aziende per le quali lavorano. Tanto più che non è stato possibile evidenziare i loro nomi o le catene di distribuzione di riferimento.
La sensazione è che i distributori stiano cavalcando l’onda vendendo di tutto. Dai fondi di magazzino agli ultimi modelli. I consumatori, mediamente, non sembrano disporre degli strumenti per comprendere realmente le potenzialità dei prodotti che hanno intenzione di acquistare. Non vi è malafede da parte degli addetti ma certamente spiegare a tutti caratteristiche e dettagli tecnici sembra essere diventato un problema. Di solito si bada al prezzo e al design, niente di più. Il secondo argomento più gettonato è il sistema di pagamento…
Gli appassionati più smaliziati spesso vanno in negozi super-specializzati che trattano magari home-video e hi-fi top level, poi acquistano negli store per evidenti vantaggi correlati ai listini. Sanno bene quello che vogliono: si presentano, ordinano e pagano.
Che dire, LCD e Plasma sono decisamente un passo in avanti rispetto ai vecchi CRT. La novità più rilevante è rappresentata dal livello di sofisticazione che hanno raggiunto, decisamente superiore rispetto ad ogni prodotto dell’elettronica di consumo. Purtroppo gli acquisti “azzeccati” sono compatibili solo ed esclusivamente, almeno per ora, con il gusto per l’approfondimento e l’informazione.
Dario d’Elia