Roma – Dal digitale all’analogico per esaltare uno dei formati digitali più vecchi e popolari del web, che nonostante i tanti rivali resta tra i più utilizzati, specie nelle animazioni . Il Graphics Interchange Format, meglio noto come GIF, è per molti una forma di arte e come tale va celebrata. Da tale concezione nasce The Giphoscope , il primo player analogico di gif mai realizzato. Frutto della creatività e dell’accurato lavoro artigianale di Officina K , laboratorio creativo di Marco Calabrese ed Alessandro Scali, torinesi di 28 e 41 anni, è una macchina per visualizzare immagini in rapida sequenza che ricrea l’illusione del movimento che ha ha fatto il giro della rete .
Senza pubblicità e la cassa di risonanza dei vari siti di crowdfunding, Giphoscope è stato subito richiesto da clienti di rilievo come Scorpion Dagger ed Erdal Inci, due tra i più noti GIF Master, ma anche la BBC ne ha voluto uno personalizzato.
“Non abbiamo rivoluzionato il mondo, ma semplicemente inserito un sostegno in alluminio su una base di legno. Ci si agganciano 24 frame che, azionati da una manovella, danno vita a un’immagine in movimento, una GIF per l’appunto”, ha spiegato Calabrese al magazine torinese Mole24 . Un’intuizione nata non casualmente, ma dalla passione per il cinema e per la fotografia, che Scali ha tradotto in Okkult Motion Pictures , sito molto apprezzato dagli amanti del genere.
Dieci mesi sono serviti per mettere a punto il primo Giphoscope e aprire la strada al target di riferimento, che è un pubblico di intenditori, poiché non tutti possono essere interessati a girare una manovella per osservare dei fotogrammi. A maggior ragione se, oltre alla manovella da girare per azionare la macchina, bisogna sganciare 299 euro per acquistarne una. Così è stato piuttosto naturale lanciare il Giphoscope con un apposito sito in inglese per rivolgersi agli appassionati stranieri, con australiani e statunitensi a contendersi i primi ordini: “Abbiamo anche provato a scrivere a qualche rivista di settore italiana – raccontano i cratori – ma non abbiamo ricevuto risposte. Dall’estero invece si sono subito interessati a noi e il Giphoscope è stato recensito da testate molto importanti”.
Curiose le scelte del duo torinese, che oltre a una macchina dal tocco vintage fatta completamente a mano, ha scelto di rinunciare alla popolarità e ai soldi facili, fino a rifiutare un ordine di 10mila pezzi per non dover industrializzare la produzione. L’ottima risposta del pubblico però non frena la voglia di sperimentare, anzi, in rampa di lancio c’è la versione digitale del Giphoscope, che mira a realizzare un marchingegno che sostituisca i frame fisici con una cornice digitale.