Inauguriamo, con uno speciale dedicato agli abituali 24 lettori, un nuovo filone della rubrica, con un tema decisamente di attualità, cioè il convegno e-privacy che si terrà il 2 e 3 luglio a Roma, infilando la sua diciassettesima edizione consecutiva. Cassandra, colpita dal fatto che qualcosa che ha a che fare con privacy e dintorni non si sia ancora estinto, ma anzi riscuota un interesse crescente, ha pensato bene di indagare.
Ha perciò intervistato uno dei responsabili, Marco Calamari, con il quale ha avuto in passato alcune saltuarie collaborazioni, cercando ovviamente di evitare qualunque conflitto di interessi.
Cassandra: Ciao Marco, non ci annoiare con la tua solita presentazione personale ed invece raccontaci un po’ cosa secondo te dovrebbe destare l’interesse di un lettore di Punto Informatico fino al punto di convincerlo a venire ad e-privacy?
Marco Calamari: Sempre dritta alla scopo, eh? Direi senz’altro la curiosità di sapere come mai una manifestazione senza sponsor, senza soldi e senza rimborsi spese possa sopravvivere e svilupparsi. È un piccolo indizio che forse qualcosa è sopravvissuto persino al Datagate.
Ogni anno noi organizzatori di e-privacy ci grattiamo la pera e, rubandoti il mestiere di profetessa, cerchiamo di guardare oltre l’orizzonte ed individuare il prossimo fronte che si aprirà sulle questioni che ci sono più care; quello della privacy e dei diritti civili digitali.
Chi avesse voglia di fare un excursus storico e navigasse “all’indietro” il sito di e-privacy noterebbe che quasi sempre queste estrapolazioni hanno portato i partecipanti di ogni edizione a discutere di temi poi diventati mainstream uno o due anni dopo.
C: Parlaci del tema che avete scelto per questa edizione.
MC: “Trasparenza e Privacy”. Due parole in apparenza scollegate, ma in realtà connesse come due elettroni entangled da una perfetta ed istantanea simmetria. Il Datagate e le reazioni che ne sono seguite hanno rivelato come la forma distorta di “privacy” anzi segretezza, quando applicata a chi non ne ha diritto, perché dovrebbe rendere conto del suo operato ai cittadini, generi mostri che trasformano in una “privacy” perversa, cioè la mancanza di Trasparenza di stati ed enti, nella violazione sistematica e su scala globale dei diritti digitali e della privacy delle persone.
C: Quindi Privacy e Trasparenza sono aspetti simmetrici della stessa questione?
MC: Certamente. E chi detiene un potere di qualche tipo sulla generalità della popolazione è abituato istintivamente ad abusare, a seconda della circostanze, dell’una o dell’altra.
Esempi classici di questo tipo di azione, talvolta più istintivo che volontario, sono state alcune reazioni fulminee del Garante della Privacy quando le intercettazioni violavano i presunti diritti di alcuni membri della Casta, mentre nulla veniva fatto quando si scopriva che il 1.3% degli italiani erano ogni anno in qualche modo intercettati telefonicamente.
Altro esempio è l’ immediato stop imposto alla Agenzia delle Entrate quando, per obbligo di legge, ha diffuso i dati delle dichiarazioni dei redditi (che sono pubblici per legge) diffondendoli tramite quell'”eresia” che è la Rete.
Stop immediato anche lì, con i solitari dati del redditi 2005, ormai pubblicati, che ancora sopravvivono alla censura in angoli remoti delle reti P2P. Strano, vero?
CA: Quindi secondo te in certi ambienti c’è l’abitudine a combattere le richieste di trasparenza invocando la propria od altrui privacy?
MC: Esatto, ed ovviamente anche quella di applicare, sempre in maniera opportunistica, la regola contraria, quando viene invocata la privacy per i cittadini, in nome della trasparenza e del “chi non ha niente da nascondere non ha niente da temere”.
Riassumendo in una battuta: “È facile fare la trasparenza con la privacy degli altri”.
I cittadini devono pretendere la trasparenza da coloro che hanno poteri e privilegi speciali, che dovrebbero comportare automaticamente una corrispondente diminuzione del diritto alla privacy.
C: Ci puoi fare un esempio?
MC: In molte giurisprudenze il diritto alla privacy di personalità pubbliche come un attore famoso viene considerato automaticamente “attenuato”.
Negli Stati Uniti chi aspira ad una carica pubblica e svolga una campagna elettorale è obbligato a pubblicare tutti i contributi ricevuti ed ogni singolo scontrino delle corrispondenti spese sostenute. Non solo dalla legge, ma a furor di popolo, o almeno di “media”.
Non parliamo di teoria, parliamo di un comportamento positivo richiesto nella nazione che ha purtroppo anche creato la situazione che il Datagate ha poi svelato.
C: Insomma, la privacy e le necessità di segretezza devono essere sacrificate in nome della trasparenza?
MC: certamente no, visto che le identità degli agenti segreti devono rimanere segrete, e la perdita di privacy di chi deve rivelare informazioni personali come il politico in carriera deve essere limitata all’interessato e al suo ragionevole “entourage”.
Ma per ogni area di segreto devono esistere comitati di controllo che riferiscano pubblicamente, e la trasparenza di chi svolge funzioni pubbliche deve essere una regola, delimitata solo per eccezioni, e che non può essere sostituita da un account Twitter come quelli dei nuovi politici “informatizzati”.
C: Un consiglio in chiusura?
MC: iscrivetevi subito e venite ad e-privacy.
Se aveste legittimi dubbi sull’investimento in tempo necessario per partecipare all’edizione di quest’anno, potete consultare gli archivi di tutte le passate edizioni sul sito, dove troverete pubblicati (buona abitudine, ma poco seguita) tutte le relazioni, e quasi sempre le registrazioni audio e/o video, ovviamente sotto licenza libera.
La decisione sarà molto facile
Marco Calamari
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