Roma – Impedire ad un contenuto digitale, trasmesso ad esempio dalla nuova radio o dalla nuova tv, di passare da un dispositivo all’altro, magari al computer, e fare il giro del mondo grazie ai sistemi di file sharing . Questo il senso di una bozza legislativa presentata al Senato negli USA e che, sostenuta dalle major, potrebbe impedire l’innovazione , relegando le opzioni di ricerca e produzione tecnologica a sistemi blindati e già esistenti. Un attacco diretto al futuro tecnologico ora denunciato con forza da Electronic Frontier Foundation – EFF .
Troppo per essere vero? Legittimo pensarlo fino a quando non si incorre nel testo del documento ( qui in pdf) che impone un nuovo comandamento ai produttori di sistemi elettronici e di elettronica di consumo, ovvero che i futuri prodotti consentano “ai consumatori un utilizzo storicamente esclusivo e rientrante nei limiti di legge”. In altre parole sarebbe legittimo realizzare nuovi dispositivi soltanto se limitati nella loro funzione al “solo scopo previsto”. “Se questa fosse stata legge nel 1970 – scrive EFF – non ci sarebbe mai stato un videoregistratore. Nel 1990, non ci sarebbe stato TiVo. Nel 2000, niente iPod”.
In gioco c’è il fair use , ossia la possibilità di trovare e godere di strumenti dalle nuove possibilità e per i produttori la capacità di inserire nuove funzionalità all’interno dei propri dispositivi. Se la legge passasse, un dispositivo che consentisse anche un solo utilizzo non previsto dalle leggi sul diritto d’autore sarebbe bloccato e non arriverebbe sul mercato .
Fino ad oggi, si è imposta la dottrina inversa, ovvero l’opportunità di introdurre novità tecnologiche e solo in secondo momento verificare se vi sia o meno una violazione nel loro utilizzo. Basta vedere cosa accadde trent’anni fa proprio con i videoregistratori di Sony, i Betamax, che dopo tre gradi di giudizio vennero definitivamente assolti dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sebbene il loro utilizzo avesse consentito anche, ma non in modo esclusivo o dominante, finalità illegali.
In sostanza con questa legge, se passerà, si sottrae ai tribunali la definizione del concetto di fair use, un concetto tanto importante quanto complesso, che necessita di analisi e dibattimenti, restituendo al mercato, alla ricerca e all’innovazione una censura automatica e preventiva .
Dietro tutto questo, accusa EFF, ci sono RIAA e MPAA , organizzazioni dell’industria della musica e del cinema impegnate ormai da anni in una battaglia campale che consenta loro di non modificare l’approccio al diritto d’autore neppure con l’avvento dell’era digitale. La difesa dei diritti stellari garantiti dallo status quo sarebbe dietro l’iniziativa legislativa che prevede anche l’introduzione della broadcast flag . Ovvero di uno strumento hardware inserito nei dispositivi di riproduzione dei contenuti che consenta, a chi li trasmette, di controllarne l’uso da parte dei consumatori. Una disposizione, questa, che ricorda da vicino una legge già in discussione alla Camera dei Rappresentanti .
Ma c’è di più. La proposta di legge è retroattiva e renderebbe la broadcast flag una realtà di mercato, così come i regolamenti del Garante delle TLC americano già bocciati in tribunale lo scorso anno.
“La proposta – scrive EFF – prevede una sorta di negoziato tra produttori con un esito già prevedibile: dei regolamenti federali che imporranno sistemi di protezione dei contenuti in tutti i futuri ricevitori di segnali radio e satellitari”. In sostanza, conclude EFF, si consentirebbe la creazione di qualcosa di simile ad un lettore di musicassette, incapace di fare altro.
Un’altra analisi della proposta è disponibile qui .