Messaggini ad ogni ora del giorno e della notte, spam, SMS redatti in gergo, che sembrano commentare delle foto o rispondere ad ulteriori messaggi. Una mole impressionante di traffico di questo tipo si riversava sul telefonino di una donna dell’Indiana, Lindsey Abrams, che ogni giorno si vedeva scalare dieci centesimi di dollaro a messaggino ricevuto. Abrams ha tentato di ricostruire la situazione: era Facebook a recapitarle i messaggi indesiderati. È così che la donna, riporta AP , ha reclutato un avvocato, ed ora annuncia fuoco e fiamme nei confronti del portalone.
Aveva acquistato la scheda SIM nel novembre 2006, un numero assegnato da Verizon. I messaggini hanno iniziato a fioccare poche settimane dopo, proprio in concomitanza con l’ annuncio di Facebook di voler travasare alcuni dei servizi di messaggistica sui telefonini degli utenti. Ai gestori di pagine personali si consentiva di ricevere in ogni momento aggiornamenti su quanto accadeva sul proprio profilo: commenti, insulti, apprezzamenti, tutti sparati sul telefonino a mezzo SMS .
Individuato il responsabile della distribuzione indesiderata, Abrams ha tentato di capire il motivo per il quale i messaggi si rivolgessero proprio a lei, che dai social network si era sempre tenuta a debita distanza. Che Verizon avesse riciclato un numero telefonico dismesso , riassegnandolo a lei? Che il precedente assegnatario del numero fosse altresì gestore di un’utenza Facebook e avesse scelto di attivare il servizio senza aggiornare il proprio recapito telefonico ?
Pare sia andata proprio così. Lo ha spiegato in tribunale l’avvocato della donna, ormai esasperata dagli innumerevoli tentativi falliti di richiedere la disattivazione del servizio per vie meno aggressive. Ora ci sono tutti gli estremi per una class action: l’inconveniente pare abbia coinvolto un numero sorprendente di utenti. Il servizio fornito da Facebook, ha spiegato l’avvocato di Abrams, non è una semplice scocciatura per coloro che se lo ritrovano indebitamente attivato ma costituisce una vera e propria molestia, che espone gli utenti a ” situazioni spaventose e pericolose “. Un frangente nel quale sono i bambini per primi ad essere a rischio: i messaggi che Facebook potrebbe inoltrare sul loro numero telefonico “riciclato” potrebbero veicolare oscenità o contenuti inadatti all’età.
La questione sollevata da Abrams, che rischia di coinvolgere tutti i servizi che integrano online e telefonia mobile, si abbatte tra capo e collo di Facebook, già sorvegliato a vista dal procuratore generale dello stato di New York, poiché si è dimostrato in più occasioni inadempiente nel garantire ai suoi utenti privacy e sicurezza.
Gaia Bottà