Roma – “Ci hanno tagliato la linea da un giorno all’altro” – “Tutti i miei clienti sono offline, non vi dico le proteste” – “E’ caduta la linea e ancora non ci dicono perché, ho decine di utenti infuriati”.
Sì, sono sempre di più le aziende italiane che, da un giorno all’altro, si vedono tagliare la connettività disponibile , senza preavviso, come un fulmine a ciel sereno. Solo nelle ultime due settimane ben due casi del genere hanno provocato guasti e danni a moltissime attività. Di fatto, migliaia di reti italiane, sia destinate alle attività online che pensate per l’operatività interna di società di varia natura, sono a rischio .
Il giochino funziona così.
Grazie all’assenza di una qualsiasi garanzia vera, normativa o regolamentare, oggi qualunque società, dalla più affidabile a quella che lo è meno, può mascherarsi, acquistare banda e persino spazi server presso un provider qualsiasi ed improvvisarsi fornitore di servizi di housing, hosting e connettività, ovvero di quello che serve per gestire una attività telematica sulle nuove reti. In sostanza può fingersi provider rivendendo servizi che acquista da un provider.
A questo punto, se l’azienda dispone di un capitale da investire, in genere lo investe non tanto in infrastrutture, meno che mai in assistenza, lo spende in pubblicità e in tariffe aggressive . Con un pizzico di intelligenza, il provider che non è un provider, può arrivare a rastrellare una quantità di clienti impressionante, gente che ha bisogno di prezzi competitivi e che è attirata da contratti di servizio all’apparenza vantaggiosi . Non solo imprese, evidentemente, ma anche privati che vogliono pubblicare su Web.
L’attività si avvia ma la società che gestisce il tutto, il non-provider, ha dinanzi molte sfide: deve nutrire il rapporto con il proprio provider, quello vero, deve gestire un sempre maggior numero di clienti che paga poco e chiede molto, deve far fronte a bollette sempre più salate e ad un impegno tecnico crescente. Tutte questioni delicate che una società seria e sana esamina con attenzione prima di lanciare un’attività, che impara a gestire giorno per giorno, togliendo di qua e aumentando di là, magari ritoccando i prezzi se necessario o magari ricorrendo a professionalità specifiche che si sono fatte le ossa gestendo le cose della rete e che in essa affondano le proprie radici. Ma una società che seria e sana non è, che ha inseguito il miraggio di incassi facili , che non ha investito in professionalità ma in pubblicità, che non è in grado neppure di gestire la comunicazione istituzionale con i propri clienti, può trovarsi dinanzi a dinamiche troppo scivolose per poterle gestire al meglio. Non è detto che lo faccia con dolo, sia inteso, ma di certo nessuno mette alla prova la sua esperienza prima del lancio dei suoi “servizi”.
Se a tutto questo si aggiunge, come sta capitando proprio ora a numerosi clienti di non-provider italiani, qualche imprevista manovra di mercato (il provider vero che cambia padrone, viene assorbito o cede parte della propria attività), le carte in tavola possono cambiare e un giocatore inesperto rischia di perdere la partita .
Accade così – è successo molte volte, succede in questi giorni e accadrà di nuovo se non cambieranno le regole – che inizino ad arrivare solleciti di pagamento da parte del provider “ospite”, o della telco a cui ci si è agganciati, e che giungano poi minacce di sospensione del servizio che si possono tradurre nel taglio tout-court delle linee . Quando questo avviene, le decine o centinaia di realtà che si erano affidate al non-provider si trovano letteralmente fuori dalla rete, e mi dicono che alla redazione di Punto Informatico arrivino ormai quotidianamente segnalazioni di “guasti” di questo genere.
Inaffidabilità, incompetenza, incapacità di comunicare con i propri clienti e di gestire il trittico servizi-tariffe-garanzie: è questo in sintesi il male di cui soffre il mercatino della connettività all’italiana.
Molto ci sarebbe da dire sui motivi, su come i provider che hanno dato vita alla rete italiana siano stati schiacciati negli anni da normative dissennate, da un’Autorità TLC fino ad oggi distratta, da un monopolio che è stato conservato integro: se tutto ciò sia stato pianificato o meno lo lascio dire ad altri, di certo anno dopo anno si è fatto tutto il possibile per togliere di mezzo concetti come esperienza e qualità del servizio delegando tutto a pubblicità, a call center tanto diffusi quanto inaffidabili, e a tariffe tarate su volontà e desideri di sua maestà il gestore unico delle infrastrutture. Gli unici a poter cambiare le cose sono i clienti dei non-provider: rivolgano la propria attenzione a chi la rete l’ha messa in piedi, chiedano consiglio ai veri professionisti del settore, indaghino su chi sono i propri fornitori. Per ottenere garanzie vere, oggi, occorre saper resistere alle sirene dell’ offertissima e scegliere chi ancora ritiene, per tradizione e per DNA, che la rete sia una cosa seria.
I precedenti interventi di G.M. sono disponibili qui