Una domanda interessante se l’è posta @Vitellozzo su Twitter: “Ma ai tempi di Charles Manson esisteva l’Atari?”. La risposta alla domanda è: no, Atari venne fondata nel ’72 e l’epopea di Satan Manson si concludeva nel 1969 con il suo arresto. Eppure, questo apparente paradosso storico non impedì al controverso personaggio di seminare morte e orrore a Los Angeles. Senza inspiegabilmente alcun ausilio videoludico: perché a guardare il servizio del TG1 andato in onda domenica c’è da chiedersi come abbiano fatto fino a 20 anni fa assassini e squilibrati a darsi da fare senza un videogame di riferimento.
È tra i “boschi surreali popolati da nemici da eliminare” che si muovono i peggiori criminali dei nostri tempi. Prima, a occhio e croce, si muovevano tra “locali notturni surreali pieni di musica rock da suonare”, e prima ancora chissà (magari giocavano ai cowboy contro indiani). La cosa più divertente di queste affascinanti ricostruzioni giornalistiche, dal gusto smaccatamente semplificativo (per comunicare informazioni lontane dalla cultura del proprio pubblico di riferimento), è il qualunquismo : se è vero che un terrorista come Anders Breivik sarebbe un fan di sparatutto in prima persona (FPS), e che sostiene di aver “fatto pratica” con Modern Warfare 2 per “simulare intere operazioni”, non si può ribaltare il rapporto causa-effetto. Ci saranno a occhio e croce altri milioni di fan che non progettano stragi in un campeggio : vedere un videogioco come uno strumento di preparazione a una strage è conseguenza di un disturbo, non la sua causa.
È in queste semplificazioni che si annida il seme della censura : siccome qualcosa non mi piace, non la capisco, non la comprendo, allora è automaticamente la spiegazione a un fatto grave, a una strage inspiegabile. Come la mettiamo con le migliaia di spettatori del TG1 che giocano a Counter Strike , o magari hanno giocato a Doom e Quake in passato, e sono oggi rispettabili professionisti, avvocati, dottori, ingegneri ? Può un videogioco, o un libro, o un film, diventare il crocevia per spiegare un fatto di cronaca? Non può farlo, non più di qualunque altro oggetto o strumento inanimato: sono gli esseri umani a compiere azioni biasimevoli o lodevoli, il resto non c’entra nulla.
Ci risiamo. Pochi giorni fa ci riflettevamo su queste pagine , e lo stesso faceva la scorsa settimana Luca Sofri sul suo blog . La qualità dell’analisi dell’universo Internet/tecnologia è spaventosamente bassa, anche per una semplificazione (inevitabile) su un medium generalista: ma non è necessario per forza fare un pezzo “di colore” su questi temi, non è necessario per forza trovare un capro espiatorio. Non è necessario per forza cercare di spiegare la violenza di un uomo che decide di ammazzare quasi 100 suoi simili. E di certo la colpa non è dei videogame .
Luca Annunziata