Una luce per guidarci nei dispersivi supermercati e ottenere ciò che serve nel più breve tempo e senza sbagliare prodotti. A questo serve il sistema approntato da Philips, che porta l’illuminazione a LED nei punti vendita della grande distribuzione per agevolare la spesa ed evitare di perder tempo passeggiando tra gli scaffali.
L’azienda olandese parla di un’esperienza di shopping personalizzata e sfrutta i faretti strategicamente posizionati per suggerire agli utenti, via app, percorsi ad hoc per trovare ad esempio tutti gli ingredienti per la ricetta postata con lo smartphone all’entrata del supermarket, segnalando anche la merce in offerta e speciali promozioni in relazione alla posizione.
Per assolvere a tali funzioni, Philips ha sviluppato una rete di LED col duplice scopo di illuminare l’ambiente (risparmiando energia e abbattendo i costi rispetto ai sistemi standard) e indicare la strada ai clienti. La luce emessa contiene un sistema di comunicazione sfruttabile tramite l’apposita app, grazie alla quale ogni cliente viene raggiunto da informazioni su misura delle singole richieste. In fase di sperimentazione presso alcune strutture di Dusseldorf, la soluzione di Philips privilegia gli utenti e non pesa sui rivenditori, ai quali basta cambiare le lampade con i LED della multinazionale olandese per semplificare le ricerche dei clienti. Tutta da vedere, però, la reazione di questi ultimi, che verranno invitati a investire del tempo per settare lo smartphone e gestire l’applicazione nel supermercato di fiducia che conoscono a menadito.
Le tanto decantate opportunità dei sistemi luminosi a LED si stanno finalmente diffondendo in tanti ambiti ma non mancano i problemi. Restando alla novità di Philips, per esempio, nessun accenno è stato fatto circa l’uso dei dati e delle abitudini che il sistema registrerà quotidianamente dall’apertura alla chiusura del negozio. Nessuno può garantire cosa nascondono questi faretti, come nessuno conosceva fino a poco tempo fa le insidie del sistema a LED in bella mostra presso il Terminal B dell’aeroporto di Newark.
Una carrellata di 171 LED appena integrati che oltre a illuminare gli spazi e soddisfare quindi le esigenze di sicurezza, sfruttano una rete wireless per raccogliere dati inviati a un software al fine di individuare eventuali attività sospette.
Una finalità che spesso sconfina nella violazione della privacy delle persone, monitorando spostamenti e abitudini. Per questo, nonostante le rassicurazioni della società che gestisce l’aeroporto circa l’impossibilità per qualsiasi ente o agenzia di metter le mani sulle informazioni, le associazioni che tutelano la riservatezza personale hanno già alzato la voce, allarmate per la volontà di estendere il sistema in uso a Newark a molti altri scali statunitensi.
Alessio Caprodossi