Centinaia di migliaia di dollari di multa, intere famiglie trascinate in tribunale, geremiadi infinite sui danni provocati all’industria culturale dalla presunta “pirateria” telematica a mezzo P2P: BitTorrent ha preso il posto della peste medievale nei discorsi dei sempre preoccupatissimi manager delle grandi case di produzione e distribuzione, ma BitTorrent è anche e soprattutto condivisione di contenuti digitali libera dalle norme anacronistiche del copyright , come chiaramente dimostra il caso del portale LegalTorrents .
LegalTorrents è una “community di media digitali”, come recita la pagina informativa , dedita alla “scoperta e distribuzione” di contenuti aperti e di qualità capace nel contempo di provvedere al supporto economico degli autori di quei contenuti.
Più tecnicamente, LegalTorrents funge da tracker e motore di ricerca di torrent distribuiti sotto una delle celebri licenze Creative Commons , nate appunto per sopperire all’evidente inadeguatezza del “vecchio” copyright, alle caratteristiche di replicabilità e redistribuibilità illimitate proprie del mezzo telematico e dei contenuti in formato digitale.
Per quanto riguarda il supporto economico di cui sopra, il portale offre la possibilità di sponsorizzare volontariamente i contenuti scaricati trattenendo il 15% della somma versata. È prevista inoltre la possibilità di registrarsi come membro attivo della community, pagare un contributo di 50 dollari e ottenere in cambio la possibilità di ricevere le donazioni per intero .
Tra i contenuti più gettonati su LegalTorrents vi sono all-time-hit del calibro di Free Culture di Lawrence Lessig – lavoro seminale che è alla base dello stesso concetto delle licenze Creative Commons – il video musicale Life Wasted dei leggendari alfieri del grunge di Seattle Pearl Jam e il CD di contenuti Creative Commons di Wired Magazine .
A discapito di una presenza online ormai non proprio recentissima , LegalTorrents continua a rimanere in stato di “beta”. Nondimeno, come ricorda Slashdot , il portale rappresenta un buon richiamo al fatto che demonizzare, per principio, le qualità distributive del file sharing e di BitTorrent è, nella migliore delle ipotesi, controproducente per quella stessa industria culturale che tanto minaccia tempesta nelle dichiarazioni di fuoco dei piani alti delle major.
Alfonso Maruccia