Che la cosiddetta “legge di Moore” non avrebbe visto i prossimi 10 anni lo aveva assicurato già lo stesso Gordon Moore , il co-fondatore di Intel che quasi 50 anni fa aveva pubblicato uno studio poi adottato come “enunciato” valido a prescindere dall’industria dei microchip. Ma presto sarà proprio l’industria ad abbandonare la legge di Moore, concentrandosi piuttosto sui nuovi orizzonti tecnologici e di marketing del cloud, del mobile e dei gadget iper-connessi della Internet delle Cose (IoT).
La legge di Moore sancisce che il numero di transistor in un microchip raddoppia ogni due anni circa, con un incremento proporzionale nelle performance raggiungibili, nel risparmio dei costi e nella riduzione dell’energia necessaria al funzionamento delle CPU al silicio. Intel è stata fin qui la prima promotrice della validità dell’enunciato, anche grazie a investimenti multi-miliardari sui processi produttivi all’avanguardia in anticipo sul mercato e alle corrispondenti “fab” necessarie alla realizzazione dei chip.
La cosiddetta legge di Moore è stata fin qui una profezia che si è avverata da sola, sostiene un nuovo articolo su Nature , perché è stata la stessa industria a decidere di insistere con il raddoppio dei transistor ogni due anni investendo in ricerca e sviluppo per raggiungere il comune obiettivo del progresso senza fine.
Il prossimo mese, l’industria dei microchip pubblicherà una roadmap globale che per la prima volta non insiste sulla legge di Moore, concentrandosi piuttosto su nuovi scenari di sviluppo più orientati alla realtà odierna degli smartphone, del marketing tamburellante del cloud e delle promesse dei sensori onnipresenti della IoT.
La nuova roadmap passerà dall’hardware alle applicazioni, dicono le indiscrezioni, adeguandosi a un mondo che apparentemente non vuole più sentir parlare di CPU per computer super-veloci quanto piuttosto di browser Web e terminali mobile per server remoti, risorse di computing disponibili in abbonamento sul cloud e altre novità dell’ultima ora.
La legge di Moore morirà per ragioni economiche prima che tecnologiche, perché l’enunciato è stato fin qui mantenuto in vita dall’economia di scala di un’industria in costante trasformazione.
Alfonso Maruccia