Fonti ufficiali del ministero delle Telecomunicazioni egiziano hanno comunicato di aver registrato il primo dominio Internet composto con caratteri non latini : una possibilità che è stata concessa dopo una lunga fase di transizione e di studi da parte di ICANN, l’ente regolatore dei nomi a dominio.
Quello egiziano è il primo degli Internationalised Domain Names (IDNs) annunciati da ICANN lo scorso ottobre, al fine di far avvicinare alla Rete quella grande fetta di popolazione mondiale di cultura araba e non solo: seguendo questo trend dovrebbero presto comparire i primi domini in cinese, cirillico e altri alfabeti finora incomprensibili per i server DNS.
Subito dopo l’Egitto sono state l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti a registrare i propri domini in lingua, e secondo ICANN anche Russia e Giordania starebbero per completare le procedure di registrazione . Tuttavia Kim Davies, funzionario dell’organizzazione, <a href=" ” target=”_blank”>ha scritto sul blog ufficiale che potrebbero essere riscontrati problemi nella visualizzazione di queste stringhe di testo nel caso l’utente non disponga di un supporto software specifico: “È un problema che – ha spiegato Davies – si estinguerà da sé man mano che i domini di questo tipo aumenteranno e gli utenti adegueranno la propria dotazione software”.
L’introduzione di questa nuova specifica si era resa necessaria soprattutto per la crescente varietà linguistica degli utenti della Rete : tuttavia ICANN si trova, ormai da una decina di anni, in dubbio sull’implementazione degli arcinoti domini dedicati al porno, uno dei motori principali dell’economia di Internet. A marzo si è riaperto uno spiraglio che potrebbe far pensare a una ripresa dello sviluppo dei tanto chiacchierati TLD .xxx , un processo messo nero su bianco nel 2001 ma bloccato dal 2007 a causa di alcune vigorose proteste da parte di alcuni attivisti statunitensi.
Ora a tentare di smuovere le acque è chi per primo ha pensato tali domini, il presidente di ICM Registry, Stuart Lawley: che quasi dieci anni fa sottopose la questione al regolatore della Rete e che ora torna alla carica, sostenendo che l’immobilismo di ICANN sia “dettato dalla mancata disponibilità ad ammettere i propri errori”
Giorgio Pontico