Stando ai dati pubblicati dal Centre for Energy-Efficient Telecommunications (CEET) australiano, il principale responsabile degli sprechi energetici connessi al boom di connettività non è l’incremento di data center bensì l’uso dei servizi “cloud” tramite connessioni wireless.
Nato da una collaborazione fra Università di Melbourne, Alcatel-Lucent e governo dello stato di Victoria, il CEET evidenzia quanto sarebbe stato sin qui sopravvalutato il consumo energetico di CED e strutture affini rispetto al vero colpevole dei consumi elettrici sempre crescenti in ambito di cloud computing e connettività.
Entro il 2015, dice l’organizzazione, l’energia necessaria ai data center “fisici” rappresenterà “una goccia nell’oceano” rispetto a quella che servirà ad alimentare le connessioni wireless (incluse 4G, LTE e WiFi): si parla, stima il CEET, di un 9 per cento contro il 90. Ben inteso, l’energia consumata dai dispositivi finali (smartphone o altro) sarà trascurabile all’interno di questo quadro.
Il vero problema dei consumi energetici è l’accesso ai servizi cloud tramite network cellulari e wireless, sostiene il CEET, e tale problema continuerà a crescere negli anni con un incremento minimo del 10 per cento entro il 2020. Presto si arriverà al vero collo di bottiglia della sempre più popolare connettività mobile, spiegano dal CEET, e verosimilmente non si tratterà di velocità di download/upload ma di un consumo senza precedenti dell’energia elettrica.
Le possibili soluzioni a questo increscioso stato di cose? Il centro australiano ne indica un paio: rinunciare alla comodità delle connessioni in mobilità o migliorare in maniera radicale l’efficienza delle infrastrutture tecnologiche, una via già intrapresa dalle aziende produttrici di sistemi e tecnologie per server.
Alfonso Maruccia