Sono necessari cinquantamila anni di calcoli per analizzare i dati a disposizione dei ricercatori con cui tentare di individuare una cura capace di contrastare i flavivirus , un ceppo di virus responsabile di malattie come la febbre gialla, l’epatite C, la dengue, l’infezione da virus del Nilo Occidentale. Basterebbe però che centomila persone condividessero la propria CPU per una settimana per dimezzare i tempi biblici necessari a sviluppare una cura.
Questo il proposito di Discovering Dengue Drugs – Together ( DDDT ), il progetto più recente del World Community Grid , l’iniziativa filantropica supportata da IBM , in collaborazione con l’Università di Chicago e l’ Università del Texas . I promotori invitano chiunque a donare i tempi morti del proprio computer a favore della ricerca, contribuendo ad elaborare l’enorme mole di dati in possesso dei ricercatori per mettere a punto una terapia che sappia debellare queste malattie, ancora incurabili , che affliggono ogni anno milioni di persone, nei paesi in via di sviluppo come nel Primo Mondo.
Studiandone la struttura, si è sviluppata, in linea teorica, una strategia capace di inibire la moltiplicazione del virus: il virus, per diffondersi, sintetizza due enzimi capaci di destabilizzare i legami della proteina che lo compone, innescandone il ciclo replicativo. Proprio su uno di questi enzimi si concentra la prima fase del progetto DDDT: mediante gli algoritmi sviluppati dallo Scripps Research Institute per il progetto FightAIDS@home , verrà simulata l’associazione dell’enzima con sei milioni di diverse molecole già utilizzate per la cura di altre malattie, attingendo ai dati ospitati dall’ archivio dell’Università di San Francisco. In una seconda fase, i risultati verranno scremati in base alla loro efficacia nell’inibire la reazione che permette al virus di replicarsi, per poi procedere ai test di laboratorio.
“Chiunque sia in possesso di un computer e di una connessione a Internet potrà partecipare alla ricerca della soluzione di un problema tanto critico”, ha annunciato Stanley Litow, presidente della IBM International Foundation . “Con la semplice donazione dei cicli di calcolo del proprio computer, nei momenti in cui è inutilizzato, potremo velocizzare il passaggio dalla prima alla seconda fase della ricerca”: così Litow invita chiunque a prestare la propria CPU, partecipando al supercomputer virtuale per creare un bene collettivo, collaborando con una comunità scientifica che crede nell’efficacia dell’apertura e della condivisione del sapere .
Per prendere parte al progetto basta registrarsi a World Community Grid ed installare il software, analogamente ad altre iniziative che sfruttano il ciclo di clock dei volontari per gli intenti più disparati, dalla caccia agli alieni all’ elaborazione di modelli climatici , dalla ricerca medica allo studio delle origini dell’universo .
Gaia Bottà