Una sopresa, ma anche un gesto per mostrare i muscoli: abbandonando il consueto ciclo di sviluppo biennale, Apple ha anticipato nella giornata di oggi le sue intenzioni per il proprio sistema operativo desktop, che da oggi si chiama solo OS X (niente più Mac, ormai un’abitudine) e che seguirà un processo di sviluppo annuale. Sembrano preistoria i tempi di Leopard, quando Apple ammise di aver dedicato troppo tempo a iOS e di aver dovuto posticipare l’uscita di Mac OS 10.5. Ora ogni 12 mesi, come con iOS, ci sarà una nuova release di OS X: la prossima, la 10.8, si chiamerà Mountain Lion ed è attesa questa estate. E il nome non è stato scelto a caso.
Come nel caso di Leopard (10.5) e Snow Leopard (10.6), la versione 10.8 del sistema operativo sarà evoluzione e non rivoluzione rispetto alla precedente: Mountain Lion costruisce sopra Lion, limandone le imperfezioni e razionalizzando. Così come già fanno, per esempio, gli sviluppatori delle CPU e delle GPU (Intel adotta un modello chiamato “tick-tock”: tick equivale a un cambio di architettura, tock alla seconda release di “debug”), anche Apple decide di avviare un programma di sviluppo in due fasi: ogni due anni un prodotto nuovo, seguito dopo 12 mesi da una versione riveduta, evoluta e corretta, ma senza stravolgimenti. A ben vedere, è quanto già fa con iPhone (3G diventa 3GS, 4 diventa 4S).
La scelta di passare a un piano di sviluppo annuale, inoltre, è vista dagli osservatori come un segnale: Apple crede ancora nei Mac, nonostante l’avanzata impetuosa di iPhone e tutto l’ecosistema iOS, e punta a fare tesoro della sua popolarità tra gli utenti smartphone per guadagnare anche tra i PC. Non a caso, la maggior parte delle informazioni rilasciate sul nuovo OS mostrano una netta convergenza verso il paradigma di iOS : iCloud è il nuovo crocevia dell’intero sistema, le applicazioni acquisiscono un’onomastica coerente con le app dei melafonini, più in generale Apple spinge l’acceleratore sulla “somiglianza” tra l’aspetto e il funzionamento dei due sistemi operativi. Ma con diverse sostanziali differenze che rimangono nell’interfaccia e nella architettura, in controtendenza con l’approccio tenuto da Microsoft con Windows 8 che invece avvia una più profonda revisione degli standard di interazione con le applicazioni e si spinge maggiormente verso il touch. Nulla esclude comunque che Tim Cook e compagni si siano tenuti in tasca una “one more thing” da mostrare al pubblico al momento del lancio ufficiale della versione finale.
A ogni modo, la deriva di OS X è evidente: iChat sparisce e compare Messages, un’applicazione che consentirà di collegarsi a GTalk o Yahoo! Messenger come la precedente ma che in più aggiunge la conversazione con iPhone e iPad via iMessage. Sul desktop del Mac faranno il loro debutto i promemoria e il sistema di notifiche analoghi a quelli di iOS, anzi nel caso dei promemoria saranno pure sincronizzati via iCloud. Persino la grafica del Centro Notifiche è quasi identica a quella dei cellulari e dei tablet (ed è evidente che Apple sta letteralmente cannibalizzando il mercato di Growl , che fino a oggi era l’unico software in grao di svolgere compiti simili sul Mac), e non manca l’integrazione di Twitter seguendo lo stesso percorso visto su iOS 5. Farà il suo debutto persino GameCenter sui Mac, ovvero Apple punta a integrare le esperienze di fruizioni di contenuti sulle proprie piattaforme sotto un unico ombrello. Discorso analogo vale per iCloud, che è in grado di ospitare i file salvati da condividere tra i vari dispositivi registrati con lo stesso Apple ID.
La principale differenza tra Lion e Mountain Lion, tuttavia, risiede nella parola Gatekeeper : Apple, a differenza di quanto ha fatto in passato, sceglie di rendere esplicite le sue mosse in fatto di “sicurezza”. Per questo, a partire da OS X 10.8 in avanti, gli utenti potranno decidere di non installare sul proprio Mac software che non sia stato firmato digitalmente da Apple. Tuttavia, un PC non è uno smartphone: sarà comunque possibile scaricare da qualunque origine tutto il codice che si desidera, ma in più gli sviluppatori potranno iscriversi a un servizio (gratuito) che li metterà in condizione di far riconoscere al sistema operativo la genuinità del software. Se il Mac sarà stato configurato in tal senso si rifiuterà di installare ed eseguire qualunque applicazione non autenticata o la cui provenienza non sia verificabile. Si potrà comunque decidere tra installare solo software proveniente dal Mac App Store, software firmato digitalmente, o qualunque software di qualunque provenienza.
In pratica, Apple tenta di esportare il modello di distribuzione di iOS su OS X . Non forza la mano, almeno per ora, e lascia una via di uscita a chi non desideri aderire. Ma mette anche dei paletti che sembrano fatti apposta per cercare di scoraggiare chi non volesse “sottomettersi” ai nuovi desiderata di Cupertino: senza Mac App Store ci si può scordare il Centro Notifiche e ci si può scordare l’archiviazione nella nuvola di iCloud. E considerato che saranno due caratteristiche al centro del marketing di Apple probabilmente per l’intera campagna di lancio di Mountain Lion, chi vorrà giovarne dovrà per forza di cose pagare i 99 dollari l’anno per entrare nel programma sviluppatori, sottoporre i propri eseguibili al vaglio di Cupertino, e vendere il proprio software nel Mac App Store (dividendo i guadagni con Apple con il consueto schema 70-30).
C’è un’ultima cosa da raccontare su Mountain Lion: non è stato presentato nel consueto sfoggio di diapositive a effetto e musica in un teatro a San Francisco, ma l’annuncio ufficiale della disponibiltà della preview per gli sviluppatori e della beta di Messages è arrivato tramite una semplice email. Cose mai viste nell’era Jobs, dove tutto era evento. A quanto pare, però, le cose stanno cambiando: un piccolo gruppo di giornalisti (tutti “fedeli” alla causa della mela morsicata) è stato invitato una settimana fa per un’anteprima a New York, e solo a loro è stata data qualche anticipazione . Apple sta insomma provando a mutare anche il modo in cui si mette in relazione con il pubblico, forse in ottica di maggiore trasparenza (pur facendolo sempre a modo suo). Dove porterà questa tendenza è presto per dirlo, ma di certo l’Apple di Tim Cook non sembra per niente identica all’Apple di Steve Jobs .
Luca Annunziata