L’ultimo rapporto Nielsen sul mercato statunitense della musica mette in luce come lo streaming sia sempre di più il metodo preferito per il consumo.
Se nel complesso il settore ha registrato un calo del 3,3 per cento , nel dettaglio nella prima metà del 2014 il mercato si è spostato dal download allo streaming: un dato già evidente agli operatori del settore che stanno progressivamente cercando di rafforzare la propria offerta di questo tipo.
Secondo il rapporto, infatti, lo streaming on-demand è cresciuto negli States del 42 per cento rispetto alla prima metà del 2013, toccando quota 70 miliardi di tracce ascoltate .
A diminuire sono invece i download: gli acquisti di singole tracce sono calati del 13 per cento fino a 594 milioni circa di canzoni scaricate e 53,8 milioni di album (pari ad un calo dell’11,6 per cento). Al primo posto in questa speciale classifica, con 2,7 milioni di copie vendute online, la colonna sonora del film Disney Frozen. Tra i singoli – invece – domina Happy di Pharrel Williams.
A determinare un fondamentale cambiamento nelle abitudini degli utenti è stata in particolare la diffusione di servizi come Spotify, che magari proprio a partire dalle abitudini già affermate di consumo di video su piattaforme come YouTube, hanno trascinato lo streaming musicale a crescere del 50 per cento rispetto al +35 per cento di quello dedicato al settore dei video.
Al momento il mercato musicale e quello video si equivalgono: 33,65 miliardi di brani sono stati trasmessi nella prima metà del 2014, contro i 36,64 miliardi di video musicali.
Forse proprio sotto la pressione della concorrenza del mercato dello streaming musicale, il Tubo sembra aver deciso di allentare la pressione sulle etichette indipendenti, qualche settimana fa minacciate di scomparire dalla sua piattaforma se non avessero accettato di sottostare al nuovo contratto imposto da YouTube e ritenuto dai piccoli produttori e dagli osservatori molto svantaggioso rispetto a quello offerto alle major . Diverse le condizioni inaccettabili per le etichette indipendenti, come per esempio la clausola che le obbligherebbe a rilasciare su YouTube qualsiasi video eventualmente caricato su un’altra piattaforma. I piccoli produttori si sono trovati così contro un muro, pronti a sfidare YouTube ed eventualmente ad esserne esclusi piuttosto che cedere a queste ed altre imposizioni.
Ora, invece, dopo aver rimpolpato la sua offerta di video streaming con l’accordo con Music Vault che ha portato su YouTube 13mila rare e preziose esibizioni musicali dal vivo, Google ha deciso di rinviare il fatidico giorno dell’aut aut per le piccole etichette: non è chiaro per quanto si protrarrà questa pace, ma a quanto pare in ballo ci sarebbero delle trattative tra le parti.
Claudio Tamburrino