Il 30 giugno è scatta l’ora X: il Processo Civile Telematico , PCT per gli addetti ai lavori, prende ufficialmente il via dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli ultimi dettagli relativi all’attuazione del nuovo regime. Ma sull’idea di trasferire in bit tutti i passaggi relativi all’invio, alla notifica e alla fornitura degli atti processuali alle parti coinvolte pende una spada di Damocle: quella dei limiti oggettivi di una Pubblica Amministrazione perennemente in debito di ossigeno quando si tratta di fare fronte alla carenze di una infrastruttura informatica insufficiente .
Sulla carta il PCT è una panacea per molti mali: la possibilità di eliminare la carta e le notifiche fisiche riduce molto la mole di passaggi necessari a procedere al reperimento di atti processuali e informazioni su una causa in corso. Un risparmio in termini di danaro, oltre che di tempo, e dunque un’ottima notizia per il Governo Renzi perennemente in cerca di euro da tagliare sotto il mantra della spending review. Trasformare una selva di carte bollate in una serie di file da scaricare, facilmente duplicabili e riproducibili per tutti i consulenti tecnici e gli avvocati coinvolti, è un vantaggio indiscutibile anche per quanto attiene il taglio delle sedi dei tribunali: poter attingere alle carte senza essere costretti a recarsi in un’altra città dovrebbe garantire minori resistenze da parte delle categorie che non hanno visto di buon occhio fino ad ora questi provvedimenti (in questo senso alcune organizzazioni di categoria hanno espresso soddisfazione per l’entrata in funzione del PCT, facendo la felicità degli avvocati loro associati).
In teoria, dunque, il PCT è un vantaggio per tutti: meno carta, più informatizzazione, maggiore rapidità per le procedure burocratiche giudiziarie con meno spazio per trucchetti per allungare i tempi del processo. I cambiamenti intervenuti riguardano anche l’elezione del cosiddetto “domicilio digitale”, semplificando l’individuazione della PEC di ciascuno dei legali coinvolti in una causa e dunque rendendo più rapido e sicuro il processo di notifica degli atti. A essere interessati subito dalla novità sono i procedimenti che iniziano oggi, 30 giugno 2014, mentre per quelli già in corso l’obbligo scatterà più avanti, il 30 dicembre. I processi in Corte d’Appello passeranno in digitale tra un anno: 30 giugno 2015. Le cancellerie dei tribunali cambieranno gli orari di apertura, autorizzate a far calare il numero di ore in cui sono disponibili al pubblico da 5 a 3: questo per garantire che nelle due ore restanti gli impiegati possano far fronte alle richieste provenienti dal canale digitale.
Qui si ferma la favola del Processo Civile Telematico , cui nelle speranze del Governo dovrebbe seguire il Processo Amministrativo Telematico . Come riporta L’Espresso , il Consiglio Superiore della Magistratura ha effettuato delle indagini per stabilire il grado di preparazione dei tribunali alle novità introdotte oggi: il 40 per cento degli uffici non ha i PC adatti a gestire il nuovo flusso documentale digitale, il 64 per cento delle sedi non ha una connessione abbastanza veloce a sostenere il traffico in entrata e uscita , l’assistenza tecnica non è all’altezza di un processo telematico di importanza cruciale come quello posto in essere. Ci sono persino tribunali che alla data odierna non avevano ancora attivato l’infrastruttura del PCT: vale a dire che il loro personale non ha avuto tempo di prendere dimestichezza con la nuova procedura, e che le inevitabili incertezze dell’esordio si riverseranno sugli avvocati e sugli altri soggetti coinvolti, che a loro volta non hanno alcuna esperienza con le novità.
Sulla carta il processo telematico è un’ottima notizia per i cittadini. In pratica, ancora una volta, l’Italia si troverà a fare i conti con sè stessa: anni di ritardo nella creazione di una infrastruttura di Rete adeguata, nella fornitura di connettività a banda larga e ultra-larga a privati e soprattutto istituzioni pubbliche, la cronica carenza e arretratezza dell’hardware a disposizione della PA (sia lato client che server) sono tutti fattori che giocheranno a sfavore della riforma . A guardare il bicchiere mezzo pieno, si potrebbe dire che il PCT sia il primo passo di un’Agenda Digitale che finalmente parte anche nel Belpaese: a guardare il bicchiere mezzo vuoto, viene il sospetto che si sia partiti dalla fine, e che i nodi non tarderanno a venire al pettine.
Luca Annunziata