“Una società libera – libera dalla “corruzione” che caratterizza la nostra società – “è presupposto per una cultura libera, e per molto altro. Per questo concentrerò le mie energie su un’altra questione, per ora”. Lawrence Lessig , giurista americano che da anni si batte a favore di un concetto più elastico e costruttivo della proprietà intellettuale, cambierà l’obiettivo della sua battaglia, per sfidare i vizi del sistema politico , a monte delle prolematiche affrontate finora.
Da dieci anni il professore di Stanford si batte per il ripensamento della proprietà intellettuale , perché il concetto ritorni alle sue origini, consentendo di ricompensare l’autore e di agire parimenti da fondamenta sulle quali costruire una creatività e una cultura dell’amalgama e del remix. Dieci anni di un impegno attivo a favore di coloro che dalla proprietà intellettuale sono stati traditi, e, dal 2001, a capo di Creative Commons , a favore di coloro che, a differenza dell’industria, vogliano “riservare solo alcuni diritti”.
Ma, come anticipato durante il suo intervento presso l’ iCommons iSummit 07 , come annunciato in un post sul suo blog, il suo attivismo d’ora in poi si indirizzerà nei confronti dei politici, ingranaggi di un sistema manovrato da interessi troppo forti perché torni alla muoversi lungo la direttrice democratica.
La macchina del governo, a parere di Lessig, è una macchina corrotta : l’incastro dei suoi ingranaggi non è semplicemente corroso dalla contingenza di mazzette e bustarelle, ma è viziato nel suo incedere. Un incedere azionato da quella che Lessig definisce una “sottile pressione” esercitata su attori del sistema spesso inconsapevoli, incoraggiati dalla prospettiva di gratificazioni materiali.
È grazie a questa sottile pressione che negli Stati Uniti, in un rimbalzare di decreti, è stata progressivamente estesa la tutela monopolistica delle opere dell’ingegno, a favore degli eredi degli autori, o dell’industria che ne fa le veci. È così che le opere vengono sottratte al pubblico dominio , un terreno fecondo per la rielaborazione di lavori ormai dimenticati, un fertilizzante per le nuove idee, dal quale sono emersi, tra l’atro, i principali personaggi Disney, sui quali gli eredi del disegnatore possono vantare ancora lunghi anni di esclusività.
È configurato da una politica viziata lo scenario in cui il Codice rappresenta non solo l’architettura, ma anche “la legge” della Rete, del mercato e della cultura. Lo stesso vale per la prospettiva di uno spettro delle frequenze proprietario , che nega l’avvento di una Rete come bene condiviso ; idem per l’idea di una Rete a doppia velocità , prospettata da politici spesso scientemente profani rispetto alla problematica, ma ben istruiti dalle promesse dei lobbisti, prodighi foraggiatori delle loro campagne elettorali.
È per battersi su questo fronte, per affrontare questi problemi a monte, che Lessig ha deciso di abbandonare parte del suo impegno nell’ambito specifico della proprietà intellettuale e della Rete. Sentiti e incoraggianti gli auguri che provengono da coloro che come Cory Doctorow e Dan Gillmor sono stati dichiaratamente ispirati dall’opera del giurista, mentre, nella blogosfera italiana, Massimo Mantellini parla del cambio di prospettiva di Lessig come della possibile perdita di una figura di riferimento.
La causa di Creative Commons continuerà però ad essere presieduta dal giurista, tutti i contenuti elaborati finora saranno resi disponibili per essere remixati e reinventati, mentre Lessig si arrampicherà sulle spalle dei giganti che l’hanno preceduto, per tentare di dare un garbato ma sonoro scossone alla macchina politica. Questa la sfida per i prossimi dieci anni.
Gaia Bottà