Web – Gentile redazione, scrivo per esporre una questione che mi sta particolarmente a cuore, con la speranza che il problema acquisti una maggiore visibilità. In un momento storico in cui la telematica e le tecnologie informatiche stanno acquisendo un’importanza centrale e costituiscono una straordinaria spinta al miglioramento della qualità della vita e alla diffusione della conoscenza e dell’informazione, alcuni tra quelli che proclamano il “liberismo” come unica via possibile e auspicabile spingono al contempo verso una repressione delle libertà di ostacolo al loro tornaconto economico.
E ‘ al momento al vaglio presso la Commissione Europea , su iniziativa del “nostro” Commissario Mario Monti, la proposta di introdurre anche in Europa la brevettabilità degli algoritmi informatici, come da anni succede negli Stati Uniti e da poco in Giappone.
La programmazione è già protetta dalle leggi sul diritto d’autore, che controllano la duplicazione anche parziale di un programma. Si vuole ora controllare l’uso delle tecniche stesse di programmazione. Per dare un’idea, il metodo insegnato alle elementari per effettuare le divisioni è un algoritmo, e negli Stati Uniti lo è anche l’idea di fare acquisti on line con un solo click del mouse, tanto che Amazon , uno dei colossi e precursori della New Economy, ha ingaggiato battaglie legali con una impresa concorrente per aver copiato questa tecnica di inaudita inventiva.
Posto anche che si riuscisse a controllare che solo tecniche davvero innovative venissero brevettate, già di improbabile soluzione vista l’enorme vitalità del settore, rimangono altre questioni aperte.
Il limite temporale di validità di un brevetto, in un campo in rapidissima evoluzione, dovrebbe essere ragionevolmente breve e senz’altro inferiore ai cinque anni. La situazione negli Stati Uniti e i precedenti nel campo dell’editoria non lasciano ben sperare a questo proposito. Inoltre, ogni programma di una certa complessità richiede l’impiego di centinaia di tecniche. Controllare che nessuna di esse sia coperta da brevetto costituirebbe per il programmatore un sovraccarico di lavoro impensabile e per la piccola ditta un notevole onere finanziario. Inoltre, non escluderebbe del tutto il rischio che un gigante del settore, che vedesse proprie quote di mercato a rischio a causa di un prodotto vincente di una piccola ditta, decidesse di usare contro di essa il pretesto di violazioni di propri brevetti, costringendola a lunghe e dispendiose battaglie legali. Non a caso anche grandi case editrici di software, esclusi i quattro o cinque colossi nordamericani, si oppongono al sistema dei brevetti che giudicano dannoso alla loro attività.
E ‘ ora in corso in Europa una campagna di sensibilizzazione su questo tema, che ha in Italia il suo punto di riferimento al sito http://no-patents.prosa.it , dove è anche possibile dare la propria adesione all’iniziativa e firmare una petizione da inviare al Commissario Monti.
Intanto, prima ancora che la legge venga cambiata, il consorzio dell’industria cinematografica americana è riuscito a far trattenere e interrogare dalla polizia un minorenne in Finlandia, “reo” di aver diffuso un programma perfettamente legale in Europa. Il programma incriminato, che non vìola copyright in quanto scritto autonomamente, e non vìola brevetti, inesistenti in Europa, permette di vedere su un personal computer un film su supporto DVD, senza dover impiegare il software commerciale e senza dover sottostare al blocco regionale incluso nei lettori standard, una limitazione artificiosa del mezzo che impedisce agli Europei di vedere i film per il mercato americano e viceversa, alla faccia della globalizzazione e del libero scambio.
E ‘ notizia recente che anche un sito italiano che ospitava lo stesso software è stato fatto chiudere, su denuncia del medesimo consorzio americano. Pare che ormai i grandi poteri economici dettino legge con e senza l’intermediazione degli organi di governo, e questo fa spavento.
Distinti saluti,
Antonio Bellezza