Si torna a parlare di hardware open source e in particolare della definizione e della licenza che dovrebbero governare la redistribuzione e la condivisione di design, idee, progetti e codice a corredo. I protagonisti del settore firmano la terza revisione della definizione di Open Source Hardware e si preparano al primo convegno a tema (“Open Hardware Summit”) previsto per il prossimo 23 settembre a New York.
Si consolida dunque il fronte dell’hardware a “codice” aperto, con l’evidente obiettivo di standardizzare iniziative sin qui slegate sino a ottenere il riconoscimento – da parte dell’industria e dei potenziali clienti/utenti – che attualmente caratterizza il movimento del software open. Un compito non facile, a ben vedere, che deve tenere in debita considerazione la sostanziale differenza esistente tra software e hardware, tra bit invisibili e dispositivi reali.
“L’Open Source Hardware (OSHW) – recita la definizione – è un termine che indica artefatti tangibili (macchine, dispositivi, o altri tipi di cose fisiche) il cui design è stato distribuito al pubblico in modo che ognuno possa creare, modificare, distribuire o usare questi oggetti”. L’hardware è differente dal software perché per realizzare beni tangibili occorre sempre mettere a frutto risorse fisiche , recita la definizione OSHW, e l’imperativo per chi voglia sfruttare l’OSHW è non chiamare in causa il designer originale né sfruttare un qualunque marchio registrato in possesso di altri.
Stabilito questo punto fondamentale, la licenza OSHW si premura di affrontare tutti i criteri a cui la distribuzione di hardware open deve attenersi. L’OSHW deve in particolare essere rilasciato con tutta la documentazione necessaria inclusi file di design – in chiaro e in formati standard – ed eventuale software accessorio FOSS.
Le opere “derivate” devono sempre essere consentite, recita la licenza, così come va garantita la redistribuzione secondo gli stessi termini di licenza. La documentazione deve inoltre essere distribuita in maniera gratuita , l’attribuzione di paternità al design originale preservata e la licenza deve necessariamente essere neutrale rispetto alla tecnologia.
La licenza OSHW impone inoltre di evitare qualsiasi tipo di “discriminazione” contro persone, gruppi o scenari di utilizzo del design dell’hardware open. E se l’hardware è solo una parte di prodotti compositi la licenza OSHW continua a valere una volta estratto il componente dal prodotto finale.
Molti di quelli che con l’hardware open source ci lavorano da tempo hanno già sottoscritto la licenza OSHW, inclusi David A. Mellis e Massimo Banzi ( Arduino ), Chris Anderson (Wired e DIY Drones), Alicia Gibb (Bugs Lab), Zach Smith (MakerBot Industries).
Alfonso Maruccia