L’Ucraina ha chiesto che i domini russi (.ru, .рф, .su) possano essere disattivati, ma l’ICANN non potrà accogliere questa richiesta. Si riassume con questo carteggio a stretto giro di posta la diatriba nata online tra ucraini e russi a proposito dell’opportunità da parte dell’ICANN di tenere la rete russa collegata a quella del resto del mondo.
La richiesta dell’Ucraina è legittima nella logica di un Paese che sta cercando di difendersi e che per farlo usa ogni argomentazione persuasiva possibile per solleticare la coercizione mondiale nei confronti della Russia. La non-risposta iniziale dell’ICANN (che ha al momento glissato, lasciando ad altri prendere la parola) è altrettanto legittima, però, e improntata su una logica di massimo equilibrio possibile pur nel mezzo della tempesta.
L’ICANN dice di no
Il momento è chiaramente delicato: in queste ore i corridoi umanitari stanno facendo scappare i civili dall’Ucraina mentre il resto della popolazione locale si organizza per sopportare l’assedio inevitabile che verrà in seguito in assenza di nuove aperture diplomatiche. L’Ucraina, che via Twitter aveva suggerito all’ICANN di fermare il Web russo, non vedrà soddisfatta questa richiesta: la missiva firmata da Mykhailo Fedorov e indirizzata al CEO ICANN Göran Marby è caduta inizialmente nel vuoto, raccogliendo però importanti disamine a corollario del dialogo tra le parti. Alla fine è stato Marby a rispondere che tutto ciò non è possibile, che sarebbe anzi deleterio e che comunque significherebbe abdicare al ruolo, ai principi e alla storia dell’ICANN.
Le motivazioni sono ben dettagliate nelle analisi che stanno piovendo in queste ore e dalla risposta della RIPE, tutte concordi su un punto: l’eventuale disattivazione creerebbe una grande situazione di caos che si ripercuoterebbe esclusivamente sulla popolazione, senza minimamente scalfire i vertici dello Stato. Inoltre vi sarebbero problemi di sicurezza informatica, elemento che va sempre a detrimento di una solidità complessiva della Rete. Infine, verrebbe meno un principio fondamentale a cui l’ICANN non può abdicare, ossia un ruolo di garante per una Rete univoca e internazionale, fuori dalle questioni belliche. Non da meno è il danno che sarebbe inferto ai dissidenti russi, mettendo a tacere proprio una delle principali minacce per Putin e uno dei principali canali di comunicazione utilizzati dai giovani (ossia la parte meno filo-putiniana di tutta la regione).
Non tocca all’ICANN, insomma, fermare domini e imporre filtri. L’ente, semmai, deve garantire l’esatto contrario. L’appello ucraino è dunque legittimo poiché improntato ad una logica belligerante. Ma anche questo messaggio deve arrivare al popolo russo. Se questa è “la guerra di Putin” (come da dichiarazione di oltre 300 sindaci russi che hanno firmato questa importante dichiarazione congiunta), allora sia ancor più forte il messaggio di una Rete aperta e condivisa alla quale soltanto un modo unito e in pace può fare affidamento oggi e in futuro.
Infine, ma è questo il motivo probabilmente più importante: la comunicazione deve fluire perché è la materia prima di cui è fatta la pace. Dividere la Rete significherebbe ulteriore polarizzazione, interruzione dei canali dialogici, fine della conoscenza delle motivazioni reciproche. Inoltre cancellerebbe la libera circolazione delle idee e delle informazioni, favorendo paradossalmente proprio i regimi che intendono isolare la propria popolazione affinché non sappia quanto succede e possa restare una volta di più vittima della propaganda interna.
Anche il NO sottovoce dell’ICANN ha un alto peso specifico: quello dell’equilibrio.