LimeWire, Hollywood a bocca asciutta

LimeWire, Hollywood a bocca asciutta

Gli studios rinunciano alla battaglia contro la vecchia gloria del P2P. Dopo la sconfitta inferta a LimeWire da RIAA, per l'industria del cinema probabilmente il gioco non vale la candela
Gli studios rinunciano alla battaglia contro la vecchia gloria del P2P. Dopo la sconfitta inferta a LimeWire da RIAA, per l'industria del cinema probabilmente il gioco non vale la candela

Non è evidentemente rimasto più nulla da spremere: Hollywood ha rinunciato a rivalersi sui residui ormai avvizziti di quello che fino a una manciata di anni fa era uno dei principali strumenti di condivisione in Rete, LimeWire.

Le rivendicazioni dell’industria del video sono probabilmente state formulate troppo tardi: la denuncia di Twentieth Century Fox, Viacom, Comedy Partners, Disney, Paramount e Warner Bros. si era abbattuta all’inizio del 2012 su Limewire, reduce da un tormentato scontro legale con RIAA concluso con un armistizio a favore dell’industria della musica. Quello che per Hollywood rappresentava un potenziale appiglio giurisprudenziale per la propria richiesta di risarcimento milionario è stato per LimeWire la resa definitiva.

Se LimeWire aveva deciso di calare il sipario sulle proprie attività, non aveva però rinunciato ad opporsi alle denunce dell’industria del cinema: la battaglia legale ha infuriato fino ai giorni scorsi, quando gli studios hanno deposto le armi.

Nessuna motivazione a supporto della richiesta di chiudere il caso, anche se le speculazioni abbondano. Hollywood potrebbe avere sottovalutato le risorse necessarie a portare avanti un contenzioso che considerava già vinto: le denunce dell’industria del cinema si concentravano su un periodo diverso rispetto a quello circoscritto da RIAA, periodo in cui LimeWire sottolinea però di aver operato in maniera differente . Le risorse che Hollywood avrebbe dovuto mettere in campo per vincere il caso, poi, si sarebbero potute rivelare un investimento a fondo perduto: LimeWire, provata dalle questioni legali e da un mercato dello sharing in evoluzione, ha già dovuto compensare RIAA con 105 milioni di dollari.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
7 nov 2013
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