Se i server di LimeWire si sono ufficialmente spenti lo scorso ottobre, è altrettanto noto che la cosiddetta Pirated Edition del client di P2P più popolare e longevo ha continuato a circolare indisturbata per la rete fornendo l’usuale interfaccia di condivisione e ricerca al netto dell’adware e dei collegamenti ai suddetti server. Ma RIAA ha ora ottenuto l’ennesima ingiunzione anche contro i pirate di LimeWire PE , chiedendo per di più a LimeWire LLC di fornire i nomi dei potenziali responsabili della sua messa in rete.
In teoria la Pirated Edition di LimeWire non avrebbe nulla a che spartire con LimeWire LLC, tanto che quest’ultima aveva persino intentato causa a MetaPirate (vale a dire gli ignoti programmatori dietro il progetto LimeWire PE) nel tentativo di allontanare l’idea di un possibile collegamento tra i due soggetti.
Ma a RIAA questo non basta, perché a suo dire “gli imputati (cioè LimeWire LLC, ndr) hanno dimostrato senza dubbio di non volere o non poter fare quello che l’ingiunzione comanda loro”, vale a dire far cessare urbi et orbi la circolazione del codice open source di LimeWire in qualunque forma possibile.
RIAA è tornata dunque all’attacco chiedendo e ottenendo la chiusura del sito di MetaPirate, da cui era possibile scaricare la Pirated Edition di LimeWire, fatto che MetaPirate non sarà in grado di contestare a meno di rivelare la propria identità.
L’organizzazione delle major del disco appare fortemente determinata ad andare in fondo alla faccenda e smascherare quello che dipinge come un vero e proprio inganno , e nel tentativo di fare piena luce sullo “strano caso di LimeWire PE” ha chiesto (e ancora ottenuto) alla corte di poter accedere alla documentazione sugli impiegati “presenti e passati” di LimeWire LLC che avrebbero potuto modificare il codice del software per creare la versione pirata.
Il fuoco delle polemiche intorno a LimeWire non accenna a placarsi, e nuova benzina viene gettata dalle dichiarazioni dell’avvocato penalista dell’Arizona David Michael Cantor: stando a quanto sostiene il legale, la chiusura del network di LimeWire sarebbe un bene perché il client software avrebbe invogliato gli utenti a condividere “involontariamente” contenuti pedopornografici.
Alfonso Maruccia