LinkedIn aveva pensato alle email come ad un canale per coinvolgere ancora più contatti nella mappa della rete professionale dei propri utenti, riteneva che ribadire il concetto con successive comunicazioni per sollecitare l’iscrizione fosse una soluzione scontata, nell’interesse degli utenti stessi. Il social network ha accettato ora di restituire 13 milioni di dollari a tutti gli utenti statunitensi che si siano sentiti spammer e abbiano sgradito l’insistenza che LinkedIn ha adottato a loro nome.
Era il 2013 quando quattro utenti di LinkedIn avevano sporto denuncia con l’obiettivo di sollevare una class action contro le pratiche del social network dedicato al business: lamentavano come LinkedIn rastrellasse i loro contatti per inondarli di inviti ad iscriversi firmati a loro nome. Le policy del social network, probabilmente espresse in maniera troppo fumosa, aveva indotto l’accusa a sospettare improbabili meccanismi con cui LinkedIn avrebbe approfittato di webmail aperte per guadagnarsi ancora più contatti, ancora più potenziali utenti da sollecitare.
La denuncia, l’anno successivo, ha assunto la forma di una class action: il parere del giudice Lucy Koh, chiamata a valutare il comportamento di LinkedIn, ha successivamente sgombrato il campo da dubbi e attribuito la disseminazione delle email agli utenti stessi e all’adesione al meccanismo Aggiungi connessioni , che prevede l’invio di richieste a contatti email che non figurino sul social network, accedendo alla rubrica che lo stesso utente ha scelto di mettere a disposizione.
L’unica colpa di LinkedIn è dunque quella di non aver ottenuto dall’utente il consenso per l’ invio della seconda e della terza email di promemoria ai contatti che non avessero reagito al primo invito: per questo alla fine di ottobre del 2014 il servizio aveva aggiornato le proprie policy per renderle esplicite e più chiare riguardo al sistema di inviti e solleciti, per questo il social network ha accettato di ripagare gli utenti che si sentano danneggiati dal suo comportamento, tenuto tra il 17 settembre 2011 e il 31 ottobre 2014.
La cifra fissata per chiudere la class action, spiega ora il social network ricordando l’infondatezza delle accuse, è di 13 milioni di dollari: tra spese legali e il gran numero di utenti, si stima che colui che scelga di ottenere il risarcimento possa essere ripagato con poco più di 10 dollari, ammesso che confermi di aver aderito alla funzione Add Connections .
Gli utenti sono già stati avvertiti, via email : non è dato sapere quanti di loro bolleranno la comunicazione come spam, non è dato sapere se LinkedIn farà seguire alle comunicazioni neglette una seconda e una terza email di promemoria.
Gaia Bottà