LinkedIn, il social network “professionale” che ha recentemente esordito in Borsa , sembra avere problemi nella gestione ottimale della privacy dei suoi utenti. La società è stata colta “con le mani nella cioccolata” durante la modifica della sua policy a riguardo, una modifica la cui conseguenza diretta era stata l’impiego delle identità degli utenti come veri e propri “testimonial” pubblicitari di prodotti e brand.
Grazie alla nuova policy LinkedIn aveva subito preso a utilizzare nome, foto e abitudini comportamentali nei banner pubblicitari mostrati sul sito, con un’associazione diretta fra “utenti” e “prodotti” senza che i primi avessero la benché minima idea del nuovo servizio. E senza alcuna autorizzazione preventiva , visto che LinkedIn aveva deciso di connotare il sistema in forma di funzionalità opt-out piuttosto che opt-in.
Esisteva naturalmente la possibilità di disattivare la funzionalità ma solo passando – in pieno stile Facebook – attraverso i menù e i sottomenù dell’interfaccia dell’account utente. Neanche a dirlo, alla fine la notizia della nuova, discutibile iniziativa di LinkedIn ha fatto rumore al punto da costringere il social network a un sostanziale dietrofront.
“Il nostro valore fondamentale è Prima gli utenti – dice ora LinkedIn – e riguardo all’advertising social in fase di test, stiamo ascoltando i nostri utenti”. Probabilmente avremmo potuto gestire meglio la comunicazione delle nostre intenzioni, ammette LinkedIn.
Alfonso Maruccia