Il caso è chiuso, i vertici di LinekdIn definitivamente liberati dalle grinfie legali dei loro utenti in seguito all’imbarazzante fuga di oltre 6 milioni di password dal social network per professionisti.
È stata smontata così la principale tesi dell’accusa, secondo cui LinkedIn avrebbe promesso a tutti i suoi utenti premium una serie di misure aggiuntive per la sicurezza dei database . La corte californiana ha scagionato il social network dalla presunta violazione dei termini di contratto stipulati con i clienti statunitensi. In sostanza, LinkedIn non avrebbe mai predisposto specifiche tecnologie di cifratura per i soli account a pagamento.
Il giudice californiano Edward Davila ha respinto le accuse formalizzate nella class action guidata da Katie Szpryka, sottolineando come la piattaforma statunitense applichi le stesse policy agli account gratuiti così come a quelli premium .
In aggiunta , il giudice Davila ha bacchettato gli stessi utenti di LinkedIn per la mancata lettura approfondita delle policy presenti sul sito. Una condizione inammissibile per una class action basata sulla violazione di contratto. I vari consumatori coinvolti nella causa collettiva non sarebbero riusciti a dimostrare la promessa di una maggiore sicurezza nello user agreement con gli utenti premium di LinkedIn . ( M.V. )