Roma – Il Free Standards Group ( FSG ), organizzazione indipendente e no-profit che promuove standard basati su tecnologie open source, ha annunciato il varo di un programma di certificazione che si avvarrà di un’autorità indipendente per verificare se una distribuzione Linux o un’applicazione scritta per questo sistema operativo rispetti le specifiche sviluppate in seno alla Linux Standards Base ( LSB ).
L’obiettivo della LSB, che circa sei mesi fa ha rilasciato le specifiche 1.1 , è quello di sviluppare e promuovere un insieme di standard che incrementino la compatibilità fra le varie distribuzioni Linux e garantiscano che le applicazioni possano installarsi e girare indifferentemente su ogni sistema conforme allo standard.
Fra i membri della LSB si trovano i nomi delle principali società che distribuiscono Linux – fra cui SuSE, Red Hat, Caldera e Turbolinux – e quelli di importanti produttori di computer, come HP, Dell e IBM.
“La certificazione è essenziale per i fornitori e gli sviluppatori di distribuzioni Linux e applicazioni Linux-based”, si legge in un comunicato dello FSG. “Garantisce a utenti e clienti che il software certificato aderisce quanto più possibile ai nostri standard. Fornisce le fondamenta attraverso cui garantire che un’applicazione certificata funzioni con qualsiasi distribuzione certificata o conforme alla LSB”.
FSG ha delegato la gestione delle certificazioni a The Open Group, un’organizzazione con già una certa esperienza nel settore delle certificazioni per l’interoperabilità.
L’avvio del progetto di certificazione rappresenta un importante passo verso l’effettiva applicazione delle specifiche della LSB da parte di tutti i principali distributori e sviluppatori di Linux. Una mossa che secondo Scott McNeil, direttore esecutivo dello FSG, contribuirà a spingere Linux sul mercato enterprise e ad incrementare la fiducia delle aziende verso un mondo, quello di Linux, spesso dipinto come frammentato e diviso.
McNeil sostiene che l’applicazione di uno standard per l’interoperabilità fra distribuzioni faciliterà sensibilmente anche il lavoro degli sviluppatori, che non dovranno più dibattersi fra differenti formati di pacchettizzazione, struttura delle directory, file di configurazione e quant’altro, che oggi caratterizza il mercato Linux.
Di recente si è venuta ad affiancare agli sforzi della FSG l’ iniziativa UnitedLinux , un cartello di quattro distributori – Caldera, SuSE, Turbolinux e Conectiva – che intende dar vita ad una versione unificata di Linux con cui conquistare il mercato aziendale e contrastare lo strapotere di Red Hat.
Sebbene le quattro aziende perseguano scopi simili a quelli della LSB, ovvero fare in modo che le proprie distribuzioni possano essere pienamente interoperabili fra loro, la loro iniziativa ha un sapore ben più commerciale. Dal momento del suo annuncio ad oggi UnitedLinux ha già collezionato numerose bocciature eccellenti, da quella di Richard Stallman , padre della Free Software Foundation, a quella di grossi distributori come MandrakeSoft. Quest’ultima, in particolare, attraverso un lungo documento pubblicato qui spiega che il suo rifiuto ad aderire a UnitedLinux nasce fondamentalmente da due ragioni: la filosofia chiusa e commerciale che pervade l’iniziativa e la mancanza di vantaggi per MandrakeSoft.
“Il primo concetto alla base di UnitedLinux – si legge nel documento pubblicato da MandrakeSoft – è la falsa idea che Linux, come Unix negli anni ’80 – sia diviso e divergente. La campagna di comunicazione che sta conducendo UnitedLinux, e persino il suo stesso nome, suggeriscono che questo fenomeno stia verificandosi all’interno della comunità Linux. (…) Andrebbe fatto notare che il mondo Unix ha fallito (IBM AIX, HP-UX, SCO Unix, Digital Unix, SGI IRIX, Sun Solaris, etc.) quando ha tentato di raggiungere una definizione di standard comune. Comunque, il mondo di Linux non funziona nello stesso modo di quello di Unix”.