Da Linux sui desktop non arriva un centesimo, non è un’attività remunerativa. Ma non è per questo che qualcuno come il milionario Mark Shuttleworth decide di investire nel settore: la sua Canonical , l’azienda che sponsorizza la distribuzione Ubuntu, non è su piazza (almeno per il momento) per fare denaro a palate, quanto piuttosto per contribuire allo sviluppo di Linux. E continuerà a farlo, almeno per qualche anno.
“Non ho mai pensato che l’idea di vendere pacchetti incellofanati di free software potesse funzionare” ha spiegato Shuttleworth ai giornalisti durante una conference call, in occasione del rilascio dell’ ultima versione di Ubuntu: “L’unico modo di costruire un business attorno al software è con i servizi”. Secondo il magnate, quindi, il suo impegno con Linux è condizionato alla crescita della fornitura di assistenza ai clienti di Canonical: ma non si tratta di una scadenza a breve termine.
“Non ho problemi a continuare a finanziare questo business per altri tre o cinque anni – ha proseguito – Ho senz’altro la pazienza necessaria a guardare oltre questa crisi. Credo anzi che questa crisi sarà un bene per Canonical: l’azienda non è in attivo, ma la nostra offerta ben si adatta a quanti vogliano tenere d’occhio il portafogli”.
La visione di Shuttleworth si potrebbe riassumere nel seguente schema: il software, nel caso di Canonical open source o free, viene offerto a costo zero o quasi. Il guadagno arriverebbe invece dalla fornitura di tutti i servizi accessori : configurazione, manutenzione, personalizzazione. Per il magnate sudafricano anche un gigante come Microsoft starebbe adottando la stessa politica, arrivando ad offrire il suo “vecchio” XP a costo zero ai produttori pur di allargare il parco macchine che monti il suo sistema operativo e sperando nell’indotto di questa base di utenti.
Le cose si starebbero muovendo in questa direzione anche per Ubuntu. Shuttleworth chiarisce che attualmente Canonical fa registrare “diversi milioni di dollari” di entrate ogni anno grazie ai servizi di assistenza forniti per la distro (la cifra precisa non viene comunicata – Canonical è un’azienda privata, non quotata in borsa: non è tenuta né a ricercare profitto ad ogni costo, né a mostrare bilanci da certificare), che da soli basterebbero a portarla in attivo entro un paio d’anni al massimo.
Shuttleworth chiarisce che comunque questo non accadrà, e che per arrivare a vedere il pareggio ci vorranno ben più di 24 mesi: il desiderio suo e dei suoi dipendenti è di continuare ad investire su Linux e sul suo sviluppo , così da rendere il prodotto Ubuntu per desktop e server all’altezza della più blasonata concorrenza. L’attività verrà chiusa in perdita anche in futuro, ma per una buona ragione: “Abbiamo ancora bisogno di investire. E posso tranquillamente continuare a farlo, pur avendo cura dei miei soldi, poiché ritengo tutto questo un buon investimento”.
Il papà di Ubuntu si dichiara in definitiva soddisfatto dei progressi ottenuti in questi anni dalla sua creatura, dei 200 dipendenti di Canonical sparsi su 5 continenti e delle circa 8 milioni di installazioni desktop stimate fino ad oggi (cifre fornite dallo stesso Shuttleworth). Ma ribadisce, in conclusione, che non si tratta di un ambiente in cui buttarsi a capofitto per fare soldi facili.
Con Linux sui desktop si possono fare quattrini? “No – dichiara netto – E non credo nessuno possa farne”. Ma, aggiunge, questa è senz’altro “una buona cosa”. Da parte sua, non ha mai pensato di farne così e ha sempre puntato alla vendita dei servizi di assistenza e supporto: un po’ come ora pare voglia fare anche Microsoft con Azure . In ogni caso, lavorare in perdita per Linux è una scelta: “È il cuore della nostra filosofia non fare soldi con i desktop”. E Shuttleworth ritiene che si tratti di un trend, a cui molto presto anche i concorrenti dovranno piegarsi .
Luca Annunziata