L'invadenza del grafene

L'invadenza del grafene

Studi preliminari mostrano la facilità con cui il grafene buchi le membrane delle cellule, penetrandovi e alterandone le funzioni. La tossicità, però, è lungi dall'essere conclamata
Studi preliminari mostrano la facilità con cui il grafene buchi le membrane delle cellule, penetrandovi e alterandone le funzioni. La tossicità, però, è lungi dall'essere conclamata

Ha fatto guadagnare il Nobel ai primi scienziati che l’hanno isolato, istituzioni e industria investono denari e speranze nelle sue proprietà, potenzialmente capaci di rivoluzionare l’elettronica : il grafene, materiale delle meraviglie sempre più spesso sotto i riflettori delle cronache e sotto le lenti dei ricercatori, viene ora indagato anche dal punto di vista della salute. E gli studi preliminari rivelano quanto possa essere invasivo per le cellule umane.

Foglio di grafene e cellula La ricerca , condotta presso la Brown University e pubblicata di recente, mostra come dei sottilissimi fogli del materiale dallo spessore monoatomico possano perforare le membrane delle cellule con una facilità inattesa. Il team di ricercatori, composto da biologi, ingegneri e studiosi di scienza dei materiali, ha in un primo momento simulato l’interazione a livello molecolare tra grafene e cellule considerando porzioni di grafene di forma regolare. Le simulazioni restituivano risultati che cozzavano con la realtà empirica: se dai biologi era stato osservato come il grafene potesse penetrare nelle cellule, i modelli matematici sembravano suggerire l’impossibilità del fenomeno.

È così che i modelli di analisi, avvicinandosi progressivamente alla reale natura del grafene, hanno saputo offrire una spiegazione: sono le irregolarità del materiale , le asperità della superificie dei fogli a perforare le membrane, consentendo anche a porzioni di materiale di 10 micrometri di penetrare nelle cellule.

“Questi materiali possono essere inalati involontaiamente, o potrebbero essere intenzionalmente iniettati o impiantati come componenti di nuove tecnologie biomediche – ha spiegato Robert Hurt, uno degli autori dello studio della Brown University – è per questo che vogliamo comprendere come inteagiscano con le cellule”.

La strada sarà ancora lunga prima di condannare il grafene alla tossicità: una volta compreso che il grafene può penetrare nei tessuti umani, i biologi potranno studiare le implicazioni di questa interazione. L’obiettivo, spiega Agnes Kane, a capo del dipartimento di patologia e medicina di laboratorio dell’ateneo, è “la progettazione sicura dei nanomateriali” che, in quanto artefatti umani, possono essere realizzati nella maniera più adatta a convivere con l’uomo, le sue esigenze e la sua natura.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
22 lug 2013
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