Il Los Angeles Times è stata la prima testata a diffondere la notizia del terremoto avvenuto lunedì scorso in California (scossa di magnitudo 4,4 della Scala Richter), ma a realizzare il pezzo è stato un giornalista sui generis: un robot . Il figlio dello speciale algoritmo elevato a redattore si chiama Quakebot ed è stato sviluppato da Ken Schwencke, giornalista e informatico che ha pensato di semplificare il suo lavoro e restare sempre sul pezzo creando appunto un sistema in grado di produrre in una manciata di minuti brevi pezzi sulle news di una certa rilevanza.
Non certo inchieste o reportage, che per livello di approfondimento e qualità restano opera esclusiva di giornalista in carne e ossa, ma notizie come terremoti e omicidi che, grazie al collegamento con fonti certe, consentono alla testata losangelina di non bucare mai gli ultimi avvenimenti in materia. Grazie alla connessione con l’US Geological Survey, l’agenzia scientifica governativa, Quakebot è in grado di gestire il flusso di notizie e scrivere un articolo pronto in automatico per essere pubblicato, oppure rintracciabile tra le bozze lasciando stabilire ai giornalisti l’eventuale pubblicazione se l’evento è di minori dimensioni.
L’episodio ha rilanciato la questione del ricorso ai robot da parte delle redazioni, salita alla ribalta già nel 2010 quando da Infolab, il laboratorio di intelligenza artificiale della Northwestern University, era uscito Stats Monkey: un programma capace di realizzare resoconti approfonditi sulle gare di baseball (la firma era “The Machine”), talmente ben fatti da non creare il minimo dubbio nella mente dei lettori. L’intelligenza artificiale è entrata poi anche nella redazione di Forbes , dove si sfrutta una piattaforma sviluppata da Narrative Science per creare news automatizzate pescate tra il flusso di dati che arrivano in tempo reale dalle agenzie. Un’operazione limitata e agevolata dalla tipologia di notizie trattare dal sito (economiche), scritte perlopiù rispettando un preciso e ripetitivo schema.
L’ esperimento forse più avanzato è quello voluto dal The Guardian , che ha dato mandato al suo sviluppatore Will Franklin di generare un algoritmo ad hoc per confrontare l’operato umano con quello robotico. A differenza delle altre testate, però, per il quotidiano britannico i giornalisti vecchio stampo (cioè umani) restano più completi e affidabili: così, dopo aver dovuto riscrivere da zero diversi articoli precedente redatti dal giornalista virtuale, pare che il destino del Guarbot non sia molto roseo.
Alessio Caprodossi