Impressionante.
Google fornisce 5.700 risultati per “Associazione informatici”.
Sappiamo tutti che molti risultati sono ridondanti e che occorre muoversi in questa giungla d’informazione con il machete per carpire qualche informazione interessante.
Ed in verità d’informazioni interessanti ne ho trovate parecchie.
La prima informazione che mi ha colpito è che mentre gli “informatici people” chiacchierano pensando a cosa sarebbe meglio fare per loro, o meglio mal fidandosi l’uno dell’altro, le aziende “cosiddette informatiche” fanno i fatti.
ASSINFORM è l’associazione delle aziende del comparto di Confindustria. L’elenco degli associati, disponibile in rete qui comprende oltre 200 aziende, ma sul sito si dichiara che vi sono “480 soci diretti e 1014 soci indiretti”.
Una tale potenza economica non può non avere effetti anche sul sociale, ed, infatti, puntualmente questo è riportato sul sito.
“…Assinform è diventata nel tempo un riferimento che svolge il ruolo di ponte con le principali forze economiche, politiche e istituzionali , in relazione a obiettivi e criticità legati allo sviluppo dell’Italia come Sistema Paese , attraverso il ricorso all’innovazione e alle nuove tecnologie. Tutelandone i diritti, divulgandone le problematiche e contribuendo ad alimentare quel dibattito che interessa tutti coloro che operano nel campo dell’innovazione – a livello pubblico o privato – e che considerano l’ICT strumento chiave di sviluppo socio-economico.”
Il grassetto l’ho aggiunto io perché mi sono chiesto: Ma vuoi vedere che qualsiasi cosa a livello informatico (soldi ed innovazione per intenderci) in Italia passa attraverso Assinform? E se Assinform, leggi Confindustria, è cosi vicina alle non meglio identificate “forze economiche, politiche e istituzionali”, è davvero possibile che un consorzio d’imprese private, che per loro natura hanno interesse solo verso il profitto, possa fare l’interesse per il “Sistema Paese”, ovvero per noi che ci viviamo nell’IT e in quel Paese?
Ma come può essere che non esista invece un’associazione di utenti per l’Informatica? Ed infatti esiste, si chiama ANUIT : leggendo l’elenco dei loro soci vi trovo molti nomi che compaiono anche in Assinform ed anche in molte istituzioni.
Come mai la cosa non mi sorprende? Insomma, vi sono soggetti che da un lato sono impresa e da un altro sono utente. Potrebbe questo condurre ad un qualche conflitto d’interessi? Forse qualche conflitto vi è se già nel 2006 si segnalava al Presidente del Consiglio come la pubblica amministrazione “sprecasse” denaro, o meglio detto, non recepisse quanto proposto a livello Europeo con l’adozione di standard liberi per l’office Automation. In verità, spulciando meglio, ho trovato che già dal 2000 si inviavano petizioni su questo tema.
Ed in tutto questo contesto i professionisti informatici cosa fanno?
A dire il vero qualcosa in rete si trova: AIP, AIM, AIMI, Consorzio AetnaNET, AIPSI (solo per elencarne alcune) sono tutte associazioni dal nobile scopo di promuovere e sviluppare la figura del professionista informatico o dell’informatica nella medicina o nella musica.
Esiste perfino un elenco che racchiude alcune di loro, Il registro delle associazioni dei professionisti intellettuali non riconosciuti da legge , tenuto dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
La valenza di tale registro è ben spiegata nel libro Società e professioni intellettuali di Antonio Maria Leozappa:
“È sulla scorta di tale ricostruzione che si è concluso che la categoria delle professioni non protette (Leggi non riconosciute n.d.r.) – generalmente identificate con pubblicitari, insegnanti, inventori, autori, artisti, esperti di ricerche di mercato, etc., ossia coloro che esercitano attività per le quali il legislatore non ha previsto un sistema di controlli preventivi e successivi – ha carattere sociologico, ma non giuridico.
Il riconoscimento giuridico viene negato in ragione del fatto che tali attività non trovano fondamento in una disposizione quando è proprio la fonte normativa a caratterizzare le professioni protette ai sensi dell’art. 2229 cc. e quelle c.d. regolamentate per le quali – come nel caso del conservatore di beni culturali – la legge declina percorso formativo e competenze senza assoggettarle al regime di controlli. ”
In pratica tutte queste associazioni sono prive di riconoscimento giuridico e quindi prive di quella protezione che dispone la legge per le professioni intellettuali (notai, avvocati ecc).
È per questo che dal 2006 sono state presentate almeno 2 proposte di legge per regolare la materia. Proposte che alla luce delle ultime leggi (vedi Bersani) sono completamente da rivedere, ma che hanno il chiaro intento di controllare tramite uno strumento governativo il settore e quindi chi vi possa lavorare.
Il quadro d’insieme che mi sono fatto è quello da una parte di imprese che da tempo si sono preparate ed organizzate e che stanno sempre di più riempiendo il vuoto legislativo e di conoscenze in questo settore, e dall’altro di tante associazioni semi sconosciute al grande pubblico che si muovono alla ricerca di associati da difendere.
Ed infatti questo mio pensiero trova conferma in questa lettera mandata al presidente di AIP che riepiloga la nuova legge passata sotto silenzio nella nuova finanziaria.
Riassunta in poche parole:”Ora chi vuole lavorare come consulente informatico per la P.A. deve essere laureato (5 anni) e possedere certificazioni”.
Badate bene, solo per l’informatica è richiesto questo, a geometri, periti, ballerini, attori non è richiesto.
Insomma, il cerchio si stringe.
Come avevo preannunciato nei precedenti interventi approfittando dello stato d’ignavia degli appartenenti al comparto IT, qualcuno, da dietro aggiungerei, si è mosso.
Chi ha avallato le norme di cui sopra ha approfittato della disorganizzazione e del disinteresse generale, e sta facendo così bene il suo lavoro che è riuscito a far credere a tutti che nulla può essere cambiato, che il destino che ci aspetta è ineluttabile, e che il futuro non cambierà e che l’unica alternativa valida è desistere oppure fuggire lasciando a loro mano libera.
Sinceramente non posso credere che un settore così innovativo, creativo e redditizio come l’IT possa diventare una casta ristretta, come quella dei notai e che nulla possa essere fatto per contrastare questo fenomeno.
Sicuramente esiste ancora gente che voglia e possa fare chiarezza anche in questo settore, certamente in modo migliore di quanto fatto da coloro che si sono proposti di cambiare in meglio, inventando di fatto il precariato e negando il futuro ad una generazione. Resta solo da vedere se saranno in numero sufficiente per cambiare le cose.
L’alternativa a questo la conoscete, (o meglio la state vivendo !).
I precedenti interventi di G.C. sono disponibili a questo indirizzo