In basso alla mia firma digitale vi è la frase “If you can image, we can realize it”; un tale biglietto da visita può anche essere inteso come un invito ad essere messo alla prova, ma io lo ritengo solo un invito a fare ogni giorno il mio lavoro di bravo informatico al massimo di quello che posso. Dopo un po’ di tempo e tanti tanti progetti realizzati con successo mi accorgo che sono gli stessi utenti/clienti/committenti che arrivano a propormi i loro problemi mostrando una fiducia assoluta che il loro problema sarà risolto. Quando gli chiedo: “Ma chi ti fa credere che saremo in grado di risolvere il tuo problema?”, mi rispondono, tu stesso, è quello che tu dici e quello che tu fai sempre.
È cosi. L’IT è quello che risolve.
Se l’azienda fosse un’auto, l’IT sarebbe di sicuro la parte elettrica ed elettronica, ma spesso la sua funzione travalica gli aspetti prettamente elettromeccanici per assumere carattere di controllo di stabilità, di trazione, e di sicurezza. Penso all’ABS, all’ECS, al controllo per la trazione, ed agli ammortizzatori intelligenti.
Quando il Business si trova in difficoltà, spesso ricorre con fiducia all’IT per risolvere problemi organizzativi e di comunicazione, o per prevenire o controllare fenomeni o gestire situazioni complesse. La capacità di risolvere problemi è insita nella natura stessa dell’IT e deriva dalla specifica preparazione professionale delle persone che ci lavorano, seri professionisti che sanno che occorre concentrarsi prima sul problema per capire quale soluzione adottare.
Tutti coloro che fanno questo lavoro si sono sentiti dire dal loro utente/Cliente “a me serve un sistema che…”, oppure “voglio un DB”, od un sito e cosi via. Lasciate parlare i vostri utenti/clienti, ascoltateli con attenzione e poi concentratevi sul loro problema. Se sono lì è perché hanno un problema, ed è su quel problema che l’IT deve confrontarsi.
Le soluzioni trovate ai problemi non sono mai né facili, né economiche. Alcune lo sono più di altre, certo, ma tutte hanno bisogno di tempo e professionalità per realizzarle. Per risolvere un problema occorre avere la capacità di comprenderlo, di esaminare la situazione da più punti di vista e di saper realizzare i calcoli e le analisi necessarie per individuare la strategia vincente.
E questo noi dell’IT lo sappiamo fare bene, è il nostro lavoro progettare la soluzione vincente, anche quando si tratta d’innovare e proporre qualcosa di nuovo, mai visto prima, qualcosa che cambierà il modo in cui lavoriamo od addirittura viviamo.
Siamo produttori d’idee, idee che costruiscono e che risolvono.
Le idee sono cosi, più potenti delle spade, corrono e si diffondono, attecchiscono e crescono nelle altre menti da dove nascono altre idee, sempre più potenti e così via, in un processo continuo che porta il nome di progresso.
È così che sono nate le cose migliori, dall’idea di qualcuno e con il contributo di tutti.
Credo lo stesso pensiero lo avesse chi prima di noi ha cercato di capire i processi che ci sono alla base dell’economia e del lavoro.
Ho provato a fare un po’ di problem solving sulla questione lavoro mentre ripensavo al discorso del nostro già citato imprenditore , e alla sua scelta “furba” di pagare il meno possibile le persone o di spostare la produzione all’estero.
Certo, oggi spostare la produzione dove “costa” meno sembra una scelta azzeccata,
ma sono scettico sul fatto che la rivoluzione del lavoro passi attraverso la precarietà, per il semplice motivo che togliendo il lavoro alle persone e rendendole precarie, la gente perde la possibilità di acquistare. A che pro produrre dei prodotti sempre più economici se la gente non può acquistarli?
La prova è il calo dei consumi degli ultimi mesi (tra le altre cose già previsto). Per me la soluzione è un’altra e va ricercata esaminando le cose da un altro punto di vista.
L’articolo 1 della Costituzione dice: L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.
Sul lavoro, il lavoro di tutti. Lavoro che ha diritti, ma anche doveri.
Questo i datori di lavoro lo sanno bene e sanno anche che il miglior modo per far valere i propri diritti è unirsi. Per questo esistono organismi come la Confindustria, l’ABI ed altro, che riuniscono in un’unica sola forza i diritti di tutti.
Assurdamente invece i diritti dei lavoratori sono rappresentati da molte anime, che a loro volta sono stati eletti da rappresentanti di solo una parte dei lavoratori. Insomma i rappresentanti dei rappresentanti di una parte dei lavoratori.
Questa è la prima cosa che mi suona male: i datori di lavoro sono tutti riuniti, a fronte compatto, ed i rappresentanti dei lavoratori no. Direi che questo è già il primo sintomo che il problema è mal posto.
Da quando è stato abolito lo schiavismo ed è necessario retribuire le persone per il proprio lavoro, queste due forze sono in lotta. Coloro che pagano per una prestazione, ed i prestatori d’opera, ed in mezzo una terza forza (lo Stato) che succhia loro il sangue e se la ride, senza nessun dovere alcuno. Più lo Stato pretende, più le imprese devono fare economia per affrontare le spese e di conseguenza più i lavoratori sono in lotta con le imprese per avere maggiori risorse per affrontare il costo della vita. Insomma sembra davvero una diatriba infinita.
Ma cosa succederebbe se queste due forze cessassero di farsi la lotta? Se si fermassero ed unissero le forze pretendendo il rispetto degli accordi sociali? Un’idea assurda? Pura follia? Certo, ma la storia è piena di queste follie, di nemici secolari che hanno unito le forze in una situazione particolarmente disperata, o semplicemente perché si erano resi conti che la distruzione di uno significava anche la distruzione dell’altro.
Se siamo risolutori di problemi, siamo anche coloro che danno le idee per risolverli, certo questo è solo poco più di un gioco, ma di certo è un gioco che genera consapevolezza. Ed è importante partire da un base forte di coscienza, da un fatto certo, cioè che oggi chiunque si siede al tavolo degli accordi è solo.
Chi si muove è indicato come un sobillatore, chi ha un’idea è un pazzo, ma Dio deve amare i folli, perché ce ne sono così tanti.
30 anni fa moriva Aldo Moro, morto a causa delle sue idee “pazze”, uno degli ultimi statisti. Sognava un governo unito con i comunisti per superare le difficoltà e mandare avanti il paese, adesso questo è (quasi) realtà.
If you imagine, you can realize it.
I precedenti interventi di G.C. sono disponibili a questo indirizzo