L’Italia corre, l’Italia ci prova, l’Italia ha anche fatto qualche passo avanti. Ma quando si arriva alla misurazione dell’indice DESI, utile a valutare il grado di innovazione che il Paese è in grado di mettere in campo, ecco che la banda ultralarga torna a manifestarsi come il problema più gravoso con cui abbiamo a che fare. DESI, ossia Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società.
I problemi dell’Italia digitale
“Nel corso del 2020 l’Italia ha compiuto alcuni progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, con un aumento particolarmente significativo della diffusione dei servizi di connettività che offrono velocità di almeno 1 Gbps“. Alcuni passi avanti, ma piccoli, tardivi e insufficienti: “Tuttavia il ritmo di dispiegamento della fibra è rallentato tra il 2019 e il 2020 e sono necessari ulteriori sforzi per aumentare la copertura delle reti ad altissima capacità e del 5G e per incoraggiarne la diffusione“. Ma non è questo l’unico handicap che continuiamo a portarci appresso: la bassa alfabetizzazione digitale della popolazione, infatti, grava sulle potenzialità innovative del Paese e rende difficile l’allineamento rispetto alla media europea.
L’Italia si colloca in questa edizione 2021 dell’indice DESI nella parte bassa della classifica. Sebbene il numero dei servizi disponibili sia mediamente alto, il loro utilizzo continua ad essere relativamente basso e tardiva la maturazione di una necessaria cultura del digitale. Ma c’è almeno un aspetto che deve incoraggiare un motto di ottimismo: le PMI, il motore principale dell’economia nazionale, dimostra invece di saperci fare e di saper guidare la transizione digitale con grande forza:
La maggior parte delle piccole e medie imprese italiane (il 69 %) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, una percentuale ben al di sopra della media UE (60 %). Le imprese italiane fanno registrare ottimi risultati nell’uso della fatturazione elettronica, sebbene permangano lacune nell’uso di tecnologie quali i big data e l’intelligenza artificiale, nonché nella diffusione del commercio elettronico.
I ritardi culturali sono noti da tempo e gli ultimi governi hanno mosso più iniziative per tentare di smuovere le acque in tal senso. L’imporsi progressivo dello SPID e l’aumento dei servizi disponibili sembrano poter innescare una spirale virtuosa, a maggior ragione se gli investimenti del PNRR riusciranno ad accelerare in questa difficile transizione.
Due i problemi da affrontare con urgenza: la banda larga, i cui ritardi cronici affondano le loro cause in equilibri di mercato tali per cui da troppo tempo un evidente immobilismo ha messo al palo ogni prospettiva di reale cambiamento; il capitale umano, che latita delle necessarie competenze, che conta un basso numero di laureati nelle telecomunicazioni, che non ha a disposizione un livello minimo sufficiente di competenze. Dobbiamo lavorare su di noi e sul modo in cui restiamo connessi. Non è poco, ma identificare i problemi è almeno un primo passo: gli esempi virtuosi già ci sono e debbono rappresentare l’esempio da perseguire.