Roma – A tutto c’è un limite e la benevola tolleranza della casa di produzione della Spam, la celebre marca di carne in scatola, è stata dissolta dalle pretese di certi produttori di software antispam. La Hormel ha infatti deciso di denunciare due softwarehouse perché hanno associato direttamente i propri prodotti alimentari alle qualità antispam dei loro software.
Hormel, che detiene il trademark “Spam”, ha deciso di denunciare SpamArrest perché questa ha rifiutato di togliere il termine Spam dal proprio nome e Hormel detiene il trademark per questo brand. La denuncia potrebbe essere dovuta anche al fatto che SpamArrest ha recentemente fatto domanda per registrare la propria ragione sociale come trademark a sua volta.
La società produttrice della carne in scatola afferma che dal 1937 ad oggi ha protetto con cura il proprio nome e ha investito su quel brand e non intende consentire che il pubblico confonda la sua carne con una softwarehouse. Poco importa, ribattono quelli di SpamArrest, se oggi quando si parla di spam “la gente pensa come prima cosa alla posta elettronica e non certo alla carne”.
In verità Hormel, che in passato ha dichiarato di accettare di buon grado l’uso del termine spam come emblema della posta-spazzatura, ha dedicato alla questione una pagina del proprio sito , affinché sia chiaro a tutti come la pensa l’azienda. Una visione che non intende concedere nulla alla realizzazione di prodotti dal nome Spam, in quanto termine “protetto”.
Come si ricorderà, il termine spam indica qualcosa che si cerca di rifilare a forza a qualcuno, da quando i comici del gruppo britannico Monty Python inscenarono una celeberrima e divertentissima scenetta (il video si trova anche su Internet ) nella quale ai clienti di un ristorante il cameriere, rimasto senza cuoco, cercava in tutti i modo di rifilar loro la Spam, la carne in scatola, come ultima risorsa.