Lo spam non è solo il surrogato della carne prodotto da Hormel: è un termine di uso comune e le aziende che offrono servizi per inscatolare la posta indesiderata possono utilizzarlo per i marchi dei propri prodotti. L’industria alimentare Hormel dovrà rassegnarsi a vedere il proprio marchio registrato SPAM bistrattato dalle software house che promettono di estirpare e debellare le email spazzatura.
Non c’è stato nulla da fare per Hormel, oltre sei miliardi di scatolette di SPAM prodotte dal 1937 in infinite declinazioni che variano da SPAMarama a SPAMtastic. Aveva denunciato Spam Arrest, software house impegnata nella lotta contro la posta spazzatura, perché riteneva si fosse indebitamente appropriata del suo marchio. L’azienda tollerava la derivazione del proprio marchio a indicare la posta indesiderata, originata da una celebre gag dei Monty Python, ma non ammetteva che altre aziende cavalcassero la popolarità e la connotazioni guadagnate dal proprio brand SPAM in decenni di campagne pubblicitarie .
Ma l’industria alimentare e l’industria del software sono due ambiti troppo diversi perché le rivendicazioni di Hormel possano essere accolte, hanno spiegato tre giudici da un tribunale di Austin, facendo eco alla precedente decisione dell’ufficio trademark dell’Unione Europea. “Nonostante la fama del marchio di Hormel sia nota, Hormel non ha saputo mostrare come questa fama si travasi nell’ambito dei software studiati per eliminare la posta indesiderata o come i consumatori associno tali software con il prodotto SPAM”.
I consumatori ricollegano spam alla carne in scatola ma non è il primo significato che attribuiscono al termine. Fatta eccezione per omografia e omofonia, e per un’origine lontana, non esistono sovrapposizioni tra SPAM e spam . Due sono le connotazioni della parola, due gli ambiti di applicazione. Non fa quindi nessuna differenza il fatto che spam nella connotazione di posta spazzatura sia usato in modo generico o nei marchi registrati: le aziende che operano nell’ambito ICT e contrassegnano i loro prodotti non devono temere le accuse dell’industria alimentare finché lo spam dei loro marchi non faccia riferimento alla carne in scatola.
“I consumatori sono abbastanza intelligenti da distinguere la nostra azienda con il surrogato di carne chiamato SPAM”, ha esultato il CEO di Spam Arrest. “Abbiamo combattuto questa battaglia per l’intera industria del software”.
Ma Hormel non si accontenta della popolarità dei suoi prodotti, considerati una prelibatezza in Oriente. Già ha minacciato di ricorrere in appello.
Gaia Bottà