Flussi di click monitorati, navigazione sotto controllo, analisi personalizzata dei comportamenti online. Ai cittadini della rete appassionati di golosità alimentari viene inspiegabilmente recapitata pubblicità dei più appetitosi banchetti: è così che coloro che vivono di gingilli tecnologici verranno tentati con gadget e corbellerie hi-tech. Il raccordo sono gli ISP: sempre più spesso ritengono che i netizen gradiscano fruire di “un’esperienza online aumentata”, sempre più spesso non esitano a vendere al marketing informazioni sui propri utenti.
È questo il caso di Charter, ISP statunitense interessato a ingabbiare i propri utenti in miglioramenti e esperienze di navigazione personalizzata . Li ha avvertiti con una email : presto implementerà i servigi di un’azienda che pratica la deep packet inspection per fare in modo che navigare sul web diventi come “sfogliare la propria rivista preferita”.
Al pari del discusso Phorm , quell’azienda, che si ritiene possa essere NebuAD , occhieggia costantemente sulla vita online dei netizen: vigila con la deep packet inspection, assembla e confronta i dati raccolti e li trasforma in informazioni a favore degli uomini del marketing, mirino per puntare sul target dei propri annunci pubblicitari online. Il perno del meccanismo sono gli ISP: implementano i sistemi e tentano di farli digerire ai propri utenti. Li ingolosiscono con la promessa di un’esperienza di navigazione succulenta e appetitosa e li trasformano in bocconi da dare in pasto agli inserzionisti .
Protagonista di queste pratiche di dissimulazione è anche Charter: l’operatore non ammette in alcun modo di voler implementare un sistema che trasforma i propri utenti in profittevoli bersagli, li rassicura riguardo al fatto che nessuno verrà in possesso delle informazioni estratte dai comportamenti di navigazione di ciascuno e del fatto che i profili non saranno nominativi ma saranno semplicemente profili di anonimi consumatori . Non tenta di convincerli barattando l’adesione con banda aggiuntiva, né tenta di incuriosirli presentando il sistema come una sperimentazione. Propone semplicemente al pubblico un miglioramento al quale sono sottoposti di default : saranno tracciati, verrà recapitata loro pubblicità personalizzata attraverso i siti parte del network con cui Charter ha stretto accordi. Fino al momento in cui non decideranno di svincolarsi dall’esperienza di navigazione aumentata.
E qualora scegliessero l’ opt-out gli si pareranno di fronte una serie di complicazioni : verrà loro consegnato un preziosissimo cookie che impedirà il tracciamento. Un cookie per ogni browser utilizzato, un cookie per ogni computer utilizzato, un cookie che non dovrà in alcun modo essere rimosso. In quel caso, la procedura di opt-out sarà inesorabilmente da ripetere. Ma a Charter sono convinti che la pubblicità personalizzata piacerà: a dimostrarlo ci sono studi condotti dall’azienda e indagini ad ampio raggio .
Non sono però d’accordo pilastri del Web come Tim Berners Lee , non sono d’accordo le associazioni che tutelano i diritti dei cittadini . L’attivista Lauren Weinstein chiama in causa le istituzioni: “È il momento che chiariscano che gli ISP devono semplicemente garantire la capacità di comunicare, non devono spiare, tracciare e intervenire sulle comunicazioni dei consumatori per trarre dei vantaggi”.
Gaia Bottà