Conservare le scorie radiottive è un problema, e l’ Italia ne sa qualcosa . Ammesso però che si trovi dove stoccare i materiali pericolosi, resta un altro problema: come tramandare ai posteri l’ubicazione di questi rifiuti potenzialmente pericolosi per milioni di anni . ANDRA, l’ agenzia francese che si occupa della questione scorie, ha una proposta a base di platino e zaffiro per risolvere la faccenda.
Nel corso di una conferenza sul tema tenutasi a Dublino la scorsa settimana, il rappresentante di ANDRA Patrick Charton ha mostrato i primi risultati al riguardo: si tratta di un sistema di archiviazione dati piuttosto costoso, si parla di 25-30mila euro a supporto , ma che dovrebbe garantire una vita media di almeno 1 milione di anni ai dati conservati sulla sue superficie, con l’auspicio di arrivare a dimostrare tramite i test una durata fino a 10 milioni di anni .
La tecnologia si basa su un substrato a base di zaffiro con incisioni al platino: ciascun disco, dal diametro di 20 centimetri, dovrebbe essere in grado di ospitare non meno di 40mila pagine miniaturizzate di testo . L’intenzione è quella di “incollare” a livello molecolare due dischi uno sull’altro per preservare l’informazione: per recuperarla è necessario un microsocopio, allo scopo di “leggere” letteralmente il contenuto del disco. Non si tratta quindi di storage binario propriamente detto, sebbene sia contemplata la possibilità di codificare le informazioni per raggiungere il limite di 40mila pagine per disco, ma di un meccanismo più semplice e sperimentato che sfrutta le qualità fisiche dei materiali impiegati per durare nel tempo.
Resta un dilemma : ammesso che il disco di zaffiro e platino sia la soluzione giusta, in che idioma e in che termini andrà inciso il messaggio sulla sua superficie? Per trovare la risposta a questo quesito i ricercatori dei materiali hanno fatto appello ad altre branche della scienza, tra cui antropologia e archeologia, per cercare di studiare una soluzione appropriata.
Luca Annunziata