Roma – C’è nessuno che vuol dire ai concittadini europei a cosa veramente servono le impronte digitali scansionate e registrate nei passaporti? Nell’Europa che agli americani piace chiamare Vecchia c’è chi si scandalizza se le autorità doganali statunitensi richiederanno scansione del volto e delle impronte a chi arriva negli Stati Uniti senza magari nemmeno sapere che questo è esattamente quello che si prepara con i nuovi passaporti biometrici voluti dall’Unione Europea .
Non si tratta quindi dell’ennesima querelle su privacy e dintorni che da anni allarga l’Atlantico, perché la biometria, come spiegava un esperto di recente proprio su Punto Informatico , è percepita come inevitabile e le tecnologie di riferimento sono tali su entrambe le sponde dell’Oceano . Impronte e registrazione dei tratti caratteristici della faccia sono solo il primo passo. Da soli sono strumenti che valgono ben poco ma, associati ad ulteriori analisi biometriche, invece, potranno consentire nuove forme di schedatura nel nome dell’ anti-terrorismo .
C’è chi ritiene che la scansione del volto sia fallace ma lo è peraltro anche la registrazione delle impronte digitali, visto che ci sono tecniche ben note per ingannare gli scanner dedicati. Eppure l’ ICAO , ossia l’organizzazione internazionale dell’aviazione civile, ha chiesto che tutti i paesi entro il 2010 si dotino di passaporti che possano essere letti digitalmente e includano dati biometrici comprensivi, quantomeno, di impronte e fotografie digitali. L’ICAO è quello stesso organismo che, per praticità, ha preferito la scansione del volto a quella dell’iride o ad altre tecniche biometriche per la sicurezza, così viene detto, degli aeroporti.
Tutti però hanno chiaro, anche in ICAO, che la vera “identificazione”, se così la si può chiamare, deriva dall’utilizzo contestuale di procedure diverse. Ed è questo il vero obiettivo. Se oggi passa il concetto che i rilievi biometrici sono legittimi per l’identificazione di un cittadino, domani non ci sarà argomentazione che tenga capace di restringere tali rilievi ai “soli” volto, iride o impronte. E’ evidente che, dovesse servire, il corpo del cittadino potrà essere sfruttato in molti diversi modi, tanti dei quali ancora allo studio, per accertare una corrispondenza tra quelle membra e una identità.
Ciò che rimane ancora in dubbio – a parte le conseguenze che tutto questo potrebbe avere sulla privacy, ma è una questione che interessa pochi – è se tutto ciò funzioni. Cioè se, rinunciando ad una piccola porzione di libertà, se considerare il proprio corpo alla stregua di una password , possa davvero portarci qualcosa di più di un’apparente sicurezza da spacciare con forza sui media mainstream. Probabilmente Benjamin Franklin (uno dei padri fondatori degli USA) la vedrebbe altrimenti visto che ha scritto, come riportato in una felice traduzione di PI, che “Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza” . Ma, si sa, anche i padri della patria talvolta sbagliano.
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