Dati relativi a email, conversazioni VoIP, sessioni di navigazione: il Regno Unito potrebbe farli convergere in un database centralizzato gestito dal corrispettivo locale del ministero degli Interni. Sarà una data retention aumentata quella dell’Isola, sarà un archivio nazionale della vita relazionale dei cittadini.
Il Regno Unito, lo scorso ottobre, si era già reso protagonista di un parziale adeguamento alla discussa Direttiva europea sulla data retention: le compagnie telefoniche hanno iniziato a immagazzinare i dati relativi alle attività dei cittadini. Quello che appariva un provvedimento annacquato, rispetto a ciò che prevede la legge italiana in materia, assume ora i contorni di un’ intercettazione massificata , di un piano per la sorveglianza delle comunicazioni dei cittadini.
Le sessioni di navigazione, gli indirizzi IP, i dettagli delle conversazioni VoIP, il flusso delle email che si scambiano nel Regno Unito si andranno ad aggiungere ai dettagli delle telefonate, di messaggini e MMS e verranno conservate per un anno. Tutte queste informazioni potrebbero però non restare confinate negli archivi gestiti da ciascun operatore, ma potrebbero convergere e rimpinguare un elefantiaco archivio statale . Al momento della presentazione di una bozza approssimativa della Data Communications Bill sono poche le anticipazioni trapelate: solo il Times è riuscito ad ottenere una conferma del dettaglio meno accennato ma più atterrente, quello relativo alla gestione centralizzata dei dati raccolti. L’Home Office, spiega infatti il quotidiano, non ha opposto alcuna smentita: avrebbe discusso con i provider locali dell’eventualità di istituire l’archivio statale.
Una gestione centralizzata delle informazioni consentirebbe di snellire le procedure di indagine a favore delle forze dell’ordine impegnate a tutelare il Regno Unito dalle minacce del terrorismo: basterà ottenere un mandato dai tribunali e potranno indagare sulla vita di relazione dei cittadini, potranno ricostruire le reti sociali che si addensano attorno a ciascuno, in maniera agile e tempestiva. Per sbirciare nella vita di un cittadino potrebbe non essere più necessario ripetere la trafila per ogni provider, per ogni operatore telefonico.
Si affollano le preoccupazioni e i dubbi fra i cittadini e fra le istituzioni: c’è chi si chiede se verranno previste delle adeguate regole per scoraggiare l’uso illecito e l’abuso dei dati, c’è chi si interroga sui mezzi che il governo del Regno Unito metterà in campo per tutelare le tonnellate immateriali di informazioni capaci di fornire un profilo nel quale inquadrare ciascun individuo.
A sollevare l’allarme è altresì l’ICO, l’autorità britannica incaricata di vigilare sulla riservatezza dei cittadini di Sua Maestà: “È un passo azzardato – spiega l’authority – abbiamo seri dubbi che una tale misura sia giustificabile, proporzionata e auspicabile”. L’ICO aveva già tentato di scuotere le coscienze di cittadini e istituzioni, aveva raccomandato alle autorità di bilanciare la reazione tra il rischio degli attentati alla sicurezza nazionale e il diritto dei cittadini a non vivere in un panopticon, ma il monito sembra essere rimasto disatteso: l’idea di un database gestito dallo stato fa rabbrividire, alla luce delle recenti fughe di dati imputabili a negligenze da parte delle istituzioni incaricate di vigilare sulla inviolabilità degli archivi. Nel Regno Unito si inviano 57 miliardi di SMS e 3 miliardi di email quotidianamente: “Il governo dovrà provare di essere in grado di gestire il tutto” avvertono i rappresentanti delle aziende che si occupano di sicurezza degli archivi. Il governo dovrà gestire tutta questa mole di informazioni, dovrà tutelarle dai furti e dagli appetibili scambi con il mercato, delle eventualità che non possono non essere considerate una minaccia che pende sui cittadini.
Gaia Bottà
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