365 giorni (più uno ogni quattro anni), 24 ore, 60 minuti, 60 secondi. Sono questi i ritmi con cui siamo abituati a misurare il nostro tempo in funzione dello spazio, ossia lo scorrere della quarta dimensione in relazione alla nostra posizione nel contesto di rotazione e rivoluzione terrestre. Tuttavia, per preciso e avanzato che sia questo sistema, resta farcito da un bug di difficile risoluzione: si chiama “leap second” (“Secondo intercalare” in Italiano) ed è pari ad un solo secondo entro il quale si celano le irregolarità del movimento della Terra nello Spazio. Ignorarlo comporta una imprecisione che, pur se minima, è nota; tenerlo in considerazione comporta invece innumerevoli problemi pratici in tutto il mondo e la necessità di prevederne l’allocazione all’interno di una misurazione del tempo che non ne considera invece l’esistenza.
La soluzione fin qui trovata è stata quella che inserisce le ore 23:59:60 tra le 23:59:59 e le 0:00:00 sulla base delle indicazioni dell’International Atomic Time (TAI): un intervento sporadico che consente di aggiustare dinamicamente il tempo misurato sulla base del ritmo con cui la Terra ruota intorno al Sole, con applicazione calibrata sulla differenza tra il tempo universale ed il tempo “UTC”. Dalla sua introduzione nel 1972, il Leap Second è stato utilizzato 27 volte: ciò significa che dal 1971 ad oggi la linea temporale è stata corretta per un corrispettivo complessivo di 27 secondi. Nel prossimo futuro sarebbe possibile addirittura una sottrazione (in virtù di una accelerazione della rotazione della Terra), il che lascia immaginare in prospettiva movimenti di guadagno e perdita che vanno in compensazione annullando l’entità globale del problema.
Tutto ciò potrebbe presto essere superato: un approccio più pragmatico alla materia potrebbe consigliare una semplificazione delle procedure ed un riassetto delle regole attuali. Se il tuo Apple Watch sarà impreciso nei prossimi anni, sarà questione di 1 solo secondo e nessun Galaxy Watch sarà in grado di segnalare questa discrasia: di qui la proposta per un superamento dello standard attuale.
Rimuoviamo il Secondo intercalare
Tutti d’accordo, a quanto pare: tanto il National Institute of Standards and Technology statunitense quanto il Bureau International de Poids et Mesures francese concordano sul fatto che il Leap Second comporta di fatto più problemi che opportunità, creando ogni volta possibili crash dovuti alla necessità di contemplare quelle 23:59:60 che rappresentano un’anomalia la cui risposta potrebbe per molti versi essere simile a quella del Millennium Bug.
Eliminando il Leap Second, “per almeno 2000 anni” non ci sarebbero conseguenze apprezzabili: l’umanità potrebbe concedersi il lusso di prendersi tutto il tempo di studiare una soluzione a posteriori, accumulando l’errore e calcolando il tempo per difetto per poi correggere la portata soltanto quanto verrà l’ora di riconsiderare il tema tra due millenni.
Google, Microsoft, Meta e Amazon concordano con le due autorità per la definizione degli standard: in un mondo sempre più interconnesso, evitare distorsioni sulla linea temporale comune potrebbe eliminare gravi problemi. Quel che è stato meritevole, ossia il comprendere, calcolare e imparare a gestire il Leap Second, ora andrebbe superato in fede ad un comune pragmatismo: l’attuale “livello 27” resti lo standard comune per i prossimi secoli, salvo future ulteriori riconsiderazioni nel merito.
Quel che il tuo smartphone ed il tuo smartwatch ti indicheranno in futuro, insomma, potrebbe non essere la realtà: sarà semplicemente un tempo concordato, basato sul comune accordo per cui è possibile scontare un minimo errore purché di comune accordo a livello globale.