Accesso non autorizzato alle reti di computer, costruzione di una botnet per il lancio di un attacco DDoS contro le infrastrutture del Pentagono e del National Health Service (NHS) britannico. Avendo confessato un coinvolgimento diretto nelle più sostanziose incursioni informatiche degli ultimi anni, quattro hacker del celebre collettivo LulzSec sono stati condannati dalla Southwark Crown Court di Londra.
Il giudice Deborah Taylor ha così stabilito che Ryan Kayla Ackroyd e Jake Topiary Davis dovranno scontare, rispettivamente, 30 e 24 mesi di reclusione in un istituto per giovani (young offenders) . Altro membro ai primissimi livelli nelle gerarchie interne di LulzSec, Mustafa Tflow al-Bassam è stato condannato a 20 mesi di carcere con pena sospesa, mentre l’ultimo smanettone Ryan Cleary passerà in carcere solo la metà dei suoi 32 mesi.
Nelle motivazioni espresse dal giudice Taylor, i quattro hacker avrebbero provato piacere nel seminare il caos cibernetico tra le infrastrutture informatiche di alcune tra le più grandi aziende del mondo. Da Sony – quasi 25 milioni di account compromessi e oltre 20 milioni di dollari in danni subiti – a Nintendo e Twentieth Century Fox, i membri di LulzSec avrebbero violato la privacy di molti pensando molto bene alla propria.
Tra le accuse mosse nei confronti di Topiary e al-Bassam, il lancio di alcuni cyberattacchi contro i siti della CIA e della britannica Serious Organized Crime Agency (SOCA). Il primo si sarebbe occupato del rilascio continuo di comunicati stampa per conto del gruppo, gestendo in prima persona il canale Twitter e soprattutto le operazioni di defacciamento dei vari account o siti finiti nel mirino di LulzSec .
“Rimpiango il 95 per cento delle cose che ho digitato su Internet”, ha ora spiegato Topiary dopo la condanna a oltre due anni di prigione. “Era il mio mondo, un mondo molto limitato – ha continuato il giovane hacker – Lo puoi sentire e lo puoi vedere, ma non puoi toccare Internet. Un mondo molto cinico che mi ha fatto diventare una persona cinica. Avevo 17 o 18 anni, mentalmente instabile, e nel posto sbagliato”.
Mauro Vecchio