Bruxelles – Ci sono certamente implicazioni sul fronte privacy ma qui in ballo ci sono anche sesterzi, almeno a sentire gli operatori europei riuniti nell’associazione LINX . Quest’ultima ha infatti avvertito che le ultime mosse della UE sulla data retention finiranno per pesare sui portafogli degli utenti.
Come già noto ai lettori di Punto Informatico, da lungo tempo Bruxelles lavora su un progetto di conservazione di molti dati di traffico, compresi la connessione ad Internet, i dati dei messaggi di posta elettronica, i siti web visitati e persino, in prospettiva, la localizzazione via cellulare. Osteggiato da sempre dai gruppi per la difesa della privacy e delle libertà digitali, il progetto è inviso anche ai provider.
LINX ha avvertito che obbligare i provider a conservare enormi quantità di dati sugli utenti, compreso persino il monitoraggio dinamico dell’uso della rete da parte degli utenti di servizi broad band, non può che tradursi in un notevole aggravio di costi. Poiché si dubita che i governi dei singoli paesi interverranno per coprire questi oneri, gli ISP avvertono che questi saranno caricati sugli utenti, con conseguenze immediate sulla diffusione della rete.
La UE ha in animo di consentire a ciascun paese di determinare per quanto tempo i dati dovranno essere conservati, una modalità che potrebbe consentire all’Italia di uscire dal grave empasse causato dalla propria legge sulla data retention, che prevede termini e limiti bocciati dai Garanti europei . Ma, appunto, la visione degli ISP è prettamente economica o, quantomeno, viene utilizzato l’aspetto economico per contrastare una normativa che incide anche sul rapporto di fiducia tra provider e abbonati.
Ma se in Europa è ormai dato per assodato che la data retention è una forma di intercettazione , i ministri europei sembrano decisi ad andare avanti con il progetto perché, dicono, conservare i dati di traffico e delle comunicazioni può rivelarsi decisivo per le attività di polizia e di intelligence.