A qualche mese dalla presentazione del nuovo MacBook Pro con Touch Bar , abbiamo la possibilità di provare la novità introdotta da Apple sui suoi nuovi portatili grazie ad un modello da 15 pollici, che possiamo confrontare in modo molto diretto col suo predecessore.
La prima cosa che si nota aprendo il nuovo MacBook Pro (a parte l’estrema sottigliezza) è il trackpad enorme, di tutt’altra misura rispetto a quello del precedente modello, e molto più in linea con quanto introdotto dalla casa della mela sul MacBook da 12 pollici .
Diamo qualche misura: il nuovo MacBook Pro da 15 pollici è grande 34,93 x 24,07 centimetri, con uno spessore pari a 1,55 centimetri e un peso di 1,83 kg. Il precedente modello (ancora in vendita) misura invece 35,89 x 24,71 centimetri, con uno spessore di 1,8 centimetri e un peso di 2,04 kg.
Per quanto riguarda il trackpad non ci sono misure ufficiali, ma il confronto fotografico non lascia dubbi sul consistente aumento delle dimensioni, che ad una veloce misurazione risulta essere di circa 160×100 mm; contro i 105×75 del MacBook 2015.
Nonostante le differenze sembrino minime , come accennato sopra, tra le mani si avverte chiaramente la maggiore sottigliezza e il peso inferiore, sebbene non si possa parlare di “peso piuma”: non dimentichiamo che il MacBook Air da 13 pollici (fino a qualche tempo fa uno dei notebook più sottili) ha uno spessore che arriva fino a 1,7 centimetri, e solo il MacBook da 12 pollici raggiunge spessori ancora inferiori (1,31 cm); il fatto di spingersi su queste dimensioni con un macchina di tutt’altra taglia e prestazioni, è sicuramente indice di un grande sforzo di ingegnerizzazione.
Prima di entrare nei dettagli di questa macchina, soffermiamoci ancora un po’ sull’analisi esteriore. Una tale sottigliezza richiede necessariamente l’adozione di diversi accorgimenti, soprattutto su una macchina da 15 pollici con processore standard e una vera scheda grafica; configurazione che non si può racchiudere molto facilmente come l’Intel Core m5 (con Intel HD Graphics 515) del MacBook da 12 pollici.
Di fatto il nuovo portatile Apple unisce l’estetica del precedente modello di MacBook Pro con gli accorgimenti già visti per ridurre lo spessore sul fratello minore : schermo assottigliato e ricavato con particolare processo produttivo (che, come vedremo, assicura anche un’elevata luminosità); tastiera con meccanismo a farfalla che consente di ridurre gli spessori assicurando maggiore stabilità e precisione; eliminazione di tutte le porte di espansione di varia forma e dimensione per passare in modo deciso allo standard USB-C e alle sue porte dalle ridotte dimensioni (nello specifico ne troviamo quattro, due per lato).
Lo schermo sottile si porta via il logo luminoso della mela morsicata, esattamente come sul MacBook da 12 pollici, mentre la tastiera risponde molto bene (se non meglio) rispetto al modello precedente (anche se pare che alcuni utenti abbiano riscontrato problemi proprio su questa).
Riguardo alla connettività: avere quattro porte identiche significa poter collegare l’alimentazione dove si vuole, anche se si perde il MagSafe che da anni caratterizzava (positivamente) i portatili Apple; a tal proposito dobbiamo però aggiungere che con 10 ore di autonomia è spesso possibile lavorare tutto il giorno senza necessità dell’alimentatore, delegando l’attività di ricarica alla pausa notturna, quando non dovrebbero esserci rischi di inciampare nel cavo.
Durante la prova (che oltre alla scrittura di questo articolo ha visto usare il MacBook Pro per ascoltare musica in streaming, navigare sul Web ed effettuare qualche piccola elaborazione fotografica) le 10 ore sono state grossomodo rispettate anche se, come di consueto, questo genere di risultati è fortemente influenzato dal tipo di utilizzo che si fa del computer o da dettagli apparentemente banali come il livello di luminosità dello schermo.
Ma arriviamo all’accensione, perché finché la macchina è spenta quasi non ci si accorge della presenza discreta della TouchBar , che prende il posto dei tasti funzione. Giusto per completare il discorso della descrizione fisica, la TouchBar è incredibilmente scorrevole al tocco, caratteristica che ne invoglia l’utilizzo in tutte quelle operazioni che (come vedremo) simulano l’azione di cursori da scorrere col dito. All’estrema destra la TouchBar lascia il posto al pulsante di accensione, che ora integra un lettore di impronte digitali dal funzionamento sostanzialmente identico a quello che siamo già abituati a conoscere su iPhone e iPad. Il colpo d’occhio della nuova tastiera, sottile e con i tasti più grandi (quasi contigui l’un l’altro) è perfettamente in linea con la TouchBar, altrettanto sottile, che di fatto rappresenta una fila di tasti contigui.
Parlando più specificatamente delle funzionalità, si tratta di un mondo tutto da scoprire: la parte destra mostra la cosiddetta “control strip” cioè i controlli minimi di sistema (luminosità, audio, Siri); toccando la freccia di espansione della control strip compaiono i pulsanti classici, che hanno sempre accompagnato le funzioni presenti sui portatili Apple (intensità della retroilluminazione, richiamo delle app, Spaces ecc.) mentre premendo il tasto (fn) compaiono i più classici F1, F2, F3…
La parte più interessante della TouchBar è però quella che cambia contestualmente all’applicazione e a ciò che stiamo facendo. Per esempio, mentre scrivo (utilizzando Pages) la TouchBar mi suggerisce le parole per auto-completare ciò che sto digitando, ma basta un tocco per richiamare le opzioni di formattazione o gli stili del testo. Se passiamo a Safari, la barra può mostrarci le icone per richiamare i preferiti o una mini-anteprima di tutte le pagine aperte. Uno degli utilizzi più interessanti è quello che ritroviamo con Foto o altri programmi di fotoritocco (ad esempio Pixelmator); in questi casi la TouchBar ci consente di selezionare gli strumenti di ritocco o di applicare direttamente gli effetti osservando sullo schermo stesso della TouchBar il risultato che andremo a ottenere. Un altro esempio di utilizzo è quello della calcolatrice di sistema: con questa applicazione compaiono sulla TouchBar (e quindi vicino ai tasti numerici) i pulsanti delle operazioni; il che rende possibile effettuare i calcoli senza nemmeno interagire con il display del computer.
La possibilità della TouchBar non si fermano qui: molte applicazioni permettono di personalizzare i comandi desiderati per averli sempre a portata di tocco e altre ancora nascono con lo scopo di utilizzare in modo esclusivo la TouchBar per compiti più o meno utili (o futili). È il caso ad esempio di Touch Bar Piano , un vero e proprio mini-pianoforte da suonare sulla TouchBar o di Pac Bar , una versione semplificata del classico Pac-Mac. Ma non mancano esperimenti più arditi, come una versione di Lemmings (in realtà solo un concept iniziale) o un improbabile, ma perfettamente funzionante, adattamento di Doom .
Tecnicamente parlando, la TouchBar è uno schermo OLED da 2170×60 punti multi-touch in grado di rilevare fino a 10 tocchi simultanei. Anche dal punto di vista del colore, la TouchBar offre un’ampia gamma cromatica, al pari dello schermo, il che permette agli sviluppatori di gestire i pulsanti per visualizzare al meglio ciò che desiderano, anche se le linee guida Apple ci dicono che sarebbe preferibile non realizzare pulsanti dai colori sgargianti.
A livello pratico, l’unico limite è dato dalla forma fisica della TouchBar, che obbliga a utilizzare controlli che usano per intero lo spazio verticale (non è possibile realizzare pulsanti distinti per la parte “superiore” e “inferiore” della TouchBar), mentre a livello di API l’unico limite imposto da Apple è l’impossibilità di creare widget permanenti: Cupertino vuole che la TouchBar sia “dinamica”, che cambi a seconda dell’applicazione, anche con numerose viste contestuali o se necessario con scorrimenti laterali, ma non che venga impiegata da widget statici che limiterebbero l’utilizzo delle altre app. L’unica parte fissa rimane la Control Strip con i comandi essenziali di sistema.
Per concludere il discorso tecnico, ricordiamo che la TouchBar è governata da un SoC T1 , una variante del processore utilizzato su AppleWatch, che gira su un sistema operativo separato, potenzialmente indipendente da macOS.
Chiusa la parentesi TouchBar, l’altra novità, forse un po’ meno gradita a qualcuno, è il passaggio completo allo standard USB-C. Avevamo già fatto le nostre considerazioni in merito a questa scelta in occasione della presentazione del MacBook da 12 pollici ma qui, se vogliamo, la scelta è ancora più forte perché Apple la propone come unica soluzione sui portatili di punta. Perlomeno, a differenza dell’unica porta disponibile sul piccolo MacBook da 12 pollici, qui le porte sono quattro e tutte possono essere utilizzate indistintamente per la ricarica della batteria, per il collegamento di monitor tramite DisplayPort (con supporto fino a due schermi 4K o uno schermo 5K), come Thunderbolt 3 (con velocità fino a 40 Gbps) o come USB 3.1 di seconda generazione (fino a 10 Gbps).
Volendo fare un esempio concreto di questo potenziale, a 40 Gbps si possono trasferire 14 ore di video HD in un solo minuto. È vero che inizialmente il limitato supporto potrebbe sembrare penalizzante e obbligare all’utilizzo di alcuni adattatori, ma Apple non si è mai fatta troppi problemi in tal senso (basti pensare a quando decise di adottare la USB come unica porta dei primi iMac) e gli sviluppi futuri sono comunque indirizzati verso questo standard.
Parlando di performance, Apple dichiara prestazioni sensibilmente superiori rispetto al modello precedente, merito in parte dovuto ai processori di nuova generazione , in parte ai dischi SSD più veloci del 100 per cento (con velocità di lettura che si spingono fino a 3,1 Gbps) e in parte alle nuove GPU Radeon Pro, che offrono performance del 130 per cento superiori rispetto alla generazione del 2015 (ma in base ai compiti possono fare anche di più).
Una cosa interessante del nuovo MacBook Pro, perlomeno del modello da 15 pollici, è che la scheda ad alte prestazioni si aggiunge alla Intel HD Graphics 530 integrata, con switch automatico tra le due schede a seconda delle richieste del momento, così da ottimizzare al meglio i consumi (funzione che in realtà non è una novità assoluta, ma ora è disponibile su tutti i nuovi modelli da 15 pollici). Alla prova dei fatti, le differenze le noterete lavorando ad alto livello nel montaggio video, nella grafica 3D o se siete soliti mettervi alla prova con videogame dalla grafica complessa; per gli utilizzi più comuni potrebbe essere meno evidente, anche se il solo fatto di lavorare con immagini e fotografie, può restituire un feedback più immediato. E proprio parlando di foto, cogliamo l’occasione per spendere qualche parola sullo schermo.
Siamo sempre di fronte ad un display Retina (quasi un obbligo ormai per Apple) da 2880×1800, pari ad una densità di 220 pixel per pollice; rispetto al modello precedente però la luminosità aumenta da 300 a 500 nit, e la gamma cromatica viene ampliata al cosiddetto spazio DCI-P3 (già utilizzato per gli iMac 4K e 5K) che offre il 25 per cento di colori in più rispetto a un classico RGB, in particolare sulle tonalità del verde e del rosso. Non è semplice evidenziare questa differenza con una fotografia, ma dal vivo è più che evidente; e sicuramente si tratta di una miglioria che può tornare utile a tutti coloro che lavorano con foto, video e grafica in genere.
Per ultimo, ma non per questo meno importante (e tralasciando alcuni dettagli costruttivi, per esempio sul particolare sistema di raffreddamento con doppia ventola a pale asimmetriche), anche il comparto audio è stato migliorato nella gamma dinamica e potenziato nel volume, prestando particolare attenzione ai bassi: pur soffrendo i limiti delle ridotte dimensioni, l’ascolto di musica è piacevole e non soffre dei classici limiti delle casse integrate in altri portatili.
Riassumendo, e tirando le conclusioni, cosa si guadagna e cosa si perde con il nuovo MacBook? Rispetto al modello precedente (che, ricordiamo nuovamente, è ancora in vendita, sebbene in un numero limitato di configurazioni) i nuovi portatili di fascia alta guadagnano prima di tutto in portabilità: oltre alle caratteristiche di peso e dimensioni, il trackpad ForceTouch dalle dimensioni maggiorate consente di lavorare in modo ancora più agevole in mobilità, senza dover ricorrere all’utilizzo del mouse. Si guadagna poi in prestazioni, nello schermo e nell’audio (aspetto forse secondario, ma che non fa mai male). Si perdono un po’ di porte, anche se il futuro è nella USB-C, nella sua versatilità e nelle sue prestazioni, e si perde il mag-safe. Soprattutto però si perde lo slot SD che (sebbene non indispensabile) fa tanto comodo agli appassionati di fotografia: se è vero che tutte le camere più recenti sono ormai dotate di connettività Wi-Fi è anche vero che solitamente questo tipo di connessione prosciuga la batteria della fotocamera. In linea generale non è detto che questo cambio di porte sia un grosso limite, perché tutto è in funzione di come utilizzate il computer. Il fatto di non poter inserire nemmeno una classica chiavetta di memoria USB o una scheda SD potrebbe però disorientare molti utenti.
Al di là delle prestazioni, il vero guadagno dei nuovi portatili Apple è nella TouchBar, ma considerate che il nuovo MacBook Pro è disponibile con prezzi a partire da 2.099 euro, mentre rinunciando alla TouchBar si possono avere le stesse prestazioni per 1.749 euro (mentre il modello precedente, che rimane un’alternativa più che valida, parte da 1.499 euro); come ultimo dettaglio segnaliamo poi che la nuova serie di MacBook Pro è disponibile in due colori: il classico argento e il grigio siderale che avete visto nelle foto. La macchina è poi personalizzabile nel processore, nella taglia dell’SSD e nella scheda grafica, arrivando fino agli oltre 5.000 euro nella sua configurazione massima che prevede i7 quadcore da 2,9GHz (con turbo boost fino a 3,8GHz), SSD PCIe da 2TB e Radeon Pro 460 con 4GB di memoria dedicata.
Non voglio dare consigli su quale possa essere il migliore acquisto perché le esigenze di ognuno sono differenti e i pro e contro del nuovo modello coinvolgono vari aspetti della macchina, ma la TouchBar offre davvero quel qualcosa in più che potrebbe risultare molto comodo anche in chiave futura; e il mio giudizio su questa novità è estremamente positivo.
Domenico Galimberti
blog puce72
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