Un avvocato newyorkese sta tentando di far ammettere come prova in tribunale i test effettuati con la risonanza magnetica funzionale, imbracciata come fosse una macchina della verità.
Il principio è semplice : quando si mente arriva più sangue all’area ventrolaterale della corteccia prefrontale e gli scanner possono rilevarlo misurando il livello di ossigeno nel sangue fluito al cervello.
L’accuratezza non sarebbe perfetta: secondo test effettuati in laboratorio sarebbe compresa tra il 76 e il 90 per cento. Nonostante ciò un procuratore di Brooklyn, David Levin, sta spingendo per poter impiegare lo strumento in un caso di molestie sul posto di lavoro. Che a questo punto potrebbe creare un precedente.
Secondo la dottrina statunitense, per essere ammessa una prova deve essere “generalmente accettata come riconosciuta nella comunità scientifica di riferimento”.
Claudio Tamburrino